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La
prima pagina del Corriere della Sera dell'11 giugno 1928.
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In
occasione
della mostra "La Tenda Rossa", svoltasi presso il Museo della Scienza
e della Tecnica dal 21 gennaio al 5 aprile 1999, ripercorriamo in
questa pagina
le tappe salienti della sfortunata spedizione del dirigibile Italia
al
comando di Umberto Nobile.
L'esplorazione
del Polo Nord: un'avventura lunga tre secoli
All'inglese
Henry Hudson viene attribuito il primo tentativo di esplorazione
dell'Artico. A
bordo della nave Hopewell egli raggiunse nel 1607
la Groenlandia e da
qui le coste settentrionali delle odierne isole Svalbard; ma la
barriera di
ghiaccio impedì all'esploratore di oltrepassare gli
80° 23' di latitudine N.
Questo traguardo fu superato nel 1773 da un altro inglese, Constantin
J.
Phipps, che raggiunse 80° 48' di latitudine N con il vascello Racehorse.
Ancora un inglese, William Edward Parry, guidò il primo
tentativo di
esplorazione con slitte, nel giugno 1827: le profonde fratture della
superficie
ghiacciata ai margini della calotta polare lo fermarono a 82°
45' latitudine N.
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Spedizione
del Fram (1893-1896): il veliero imprigionato fra i ghiacci (da una
lastra originale del 1895).
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Nel 1893 il norvegese Fridtjof Nansen si inoltrò nel Mar
Glaciale Artico con il
veliero Fram, che venne imprigionato dai ghiacci
alla latitudine di 84°.
Nansen con un compagno stabilì con le slitte il nuovo
primato nella corsa verso
il Polo: il 7 aprile 1896 venne raggiunta la latitudine di 86°
14' N. Pochi
anni dopo anche l'Italia prese parte alla sfida con una spedizione
guidata dal
Duca degli Abruzzi a bordo della Stella Polare,
della quale il Museo
conserva la polena. Nell'aprile del 1900, a poco più di un
anno dalla partenza
della nave, Umberto Cagni, ufficiale della Regia Marina, lasciato il
veliero
raggiunse con le slitte la latitudine di 86° 34' N.
Sei anni più tardi lo statunitense B.E. Peary
superò, sempre con slitte, la
latitudine di 87°. Lo stesso Peary ritentò la marcia
nel 1909, con 19 slitte e
133 cani, raggiungendo la latitudine di 87° 47'.
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Mar
Glaciale Artico, 82° 56' latitudine N e 29° 52'
longitudine E di Greenwich: l'Örnen di
Andrée subito dopo l'atterraggio forzato sui ghiacci.
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Ma i capitoli forse più temerari della sfida artica furono i
tentativi di
esplorazione aerea, iniziati nel 1897 dallo svedese Salomon August
Andrée. Con
due compagni, Nils Strindberg e Knut Hjalmar Fraenkel, egli decise di
raggiungere il Polo Nord con il pallone aerostatico Örnen
("Aquila"): la partenza avvenne l'11 luglio dalla Baia Virgo, a nord
delle isole Svalbard. Dopo circa 400 km una perturbazione fece
precipitare
l'aerostato alla latitudine di 82° 56' N. I tre esploratori
cercarono di
tornare alla terraferma con le slitte, raggiungendo in ottobre l'Isola
Bianca;
ma il freddo li uccise e i loro resti furono ritrovati soltanto nel
1930
durante la spedizione della nave Bratvaag.
Se escludiamo i tentativi compiuti dallo statunitense Wellman nel 1907
e nel
1909 con il piccolo dirigibile America, entrambi
falliti poco dopo la
partenza, dobbiamo attendere la fine della prima guerra mondiale per
assistere
alla ripresa delle spedizioni artiche. Va ricordata innanzitutto la
spedizione
Junkers-Hammer: la Junkers era una fabbrica tedesca di aerei e Hammer
un
esploratore statunitense. Lo Junkers Eis Vogel
("Uccello dei
ghiacci") compì diversi voli fra il 5 e il 7 luglio 1923
sull'arcipelago
delle Svalbard; fu superato l'80° parallelo e venne impiegata
per la prima
volta la fotogrammetria aerea.
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Baia
del Re, 1925: il norvegese Roald Amundsen alla partenza del volo polare
con l'idrovolante Dornier Wal.
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È tuttavia del norvegese Roald Amundsen, che il 15 dicembre
1911 aveva già
conquistato il Polo Sud, il più importante tentativo di
esplorazione aerea
dell'Artico. Dopo aver fallito nel 1918 e nel 1920 con la nave Maud,
egli si era convinto che le possibilità di raggiungere il
Polo Nord con navi e
slitte erano davvero minime e organizzò una spedizione con
due idrovolanti
Dornier Wal: gli aerei decollarono dalla Baia del Re, nelle isole
Svalbard, il
21 maggio 1925. Alle prime ore del giorno successivo, raggiunta la
latitudine
di 88°, i due idrovolanti decisero di ammarare su uno specchio
d'acqua; durante
la manovra, uno dei velivoli subì gravi danni e il 15 giugno
la spedizione
decise di rientrare a bordo dell'unico aereo intatto.
L'ultimo tentativo compiuto da un aereo prima del dirigibile Norge
si
deve agli statunitensi Richard Byrd e Floyd Bennett: a bordo del Fokker
Josephine
Ford partirono dalla Baia del Re il 9 maggio 1926, senza
tuttavia,
nonostante le loro affermazioni, riuscire a raggiungere il Polo. Due
giorni
dopo, l'11 maggio 1926, il Norge si alzò
in volo per la leggendaria
trasvolata.
L'impresa del dirigibile Norge
Negli
anni
in cui Amundsen tentava di raggiungere il Polo per mezzo di aeroplani,
il
colonnello Umberto Nobile dirigeva lo Stabilimento militare di
Costruzioni
aeronautiche di Roma e seguiva con attenzione le vicende che si
svolgevano a
migliaia di chilometri di distanza. Egli riteneva che solo il
dirigibile
avrebbe consentito il lungo volo necessario per superare l'Artico.
Nobile incontrò Amundsen a Oslo dopo lo sfortunato tentativo
dei Dornier Wal e
propose all'esploratore norvegese di organizzare una nuova spedizione
con un
dirigibile N1 adeguatamente rinforzato per poter affrontare il mare
polare. I
problemi tecnici più importanti erano legati alla riduzione
del peso
dell'aeronave, garantendo al tempo stesso la robustezza della
struttura, soprattutto
a prua, per consentire un ormeggio sicuro (al Museo è
conservato il
"valvolone" di prua del Norge). A questo si
aggiungeva la
necessità di nuovi piloni di attracco e di un hangar sicuro
alla Baia del Re.
Infine bisognava formare un equipaggio in grado di affrontare un volo
rischioso
e un atterraggio in Alaska senza aiuto da terra.
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Disegno
realizzato il 9 dicembre 1925 relativo al dirigibile N1, che l'anno
successivo sarà ribattezzato Norge.
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Il 29 marzo 1926 il dirigibile N1 venne consegnato all'Aeroclub di
Norvegia con
una cerimonia all'aeroporto romano di Ciampino. In quell'occasione
all'aeronave
fu dato il nome di Norge, in onore del Paese che
aveva reso possibile la
spedizione. Un fondamentale contributo finanziario venne anche
dall'uomo d'affari
statunitense Lincoln Ellsworth, che partecipò personalmente
alla trasvolata.
Alle 9.30 del 10 aprile 1926 il Norge
partì da Roma per il lungo viaggio
di avvicinamento alla Baia del Re, dove nel frattempo, su progetto
dell'ingegner Felice Trojani, era stato costruito un hangar a cielo
aperto con
struttura in legno. La sera del giorno successivo il dirigibile
atterrò a
Pulham, nei pressi di Londra, per ripartire il 3 aprile alla volta di
Oslo. Da
qui l'aeronave fece rotta il 15 aprile su Leningrado. La sosta
nell'Unione
Sovietica si prolungò fino al 5 maggio: quel giorno, alle
9.30, il Norge
decollava in direzione della Baia del Re. Dopo una breve sosta a
Vadsö
(Norvegia) per rifornimenti, ebbe luogo l'ultimo balzo di 1300 km verso
la base
artica, raggiunta alle 6.40 del 7 maggio.
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Il
Norge sorvola la Baia del Re (1926).
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Alle 9.50 dell'11 maggio 1926 il Norge
lasciò la Baia del Re dirigendosi
verso il Polo Nord. L'equipaggio, cambiato più volte durante
le tappe di
avvicinamento, era in quel momento composto da sei italiani (tra cui
Nobile col
ruolo di comandante), otto norvegesi (tra cui Amundsen), uno
statunitense e uno
svedese.
Dopo
sei
ore l'aeronave superò l'83° parallelo: sotto di essa
si stendeva l'immenso mare
polare. All'1.30 del 12 maggio 1926 il Norge raggiunse il Polo Nord. La
radio
di bordo informò il mondo dell'avvenimento. Poi il viaggio
proseguì sul
ghiaccio inesplorato, in direzione dell'Alaska.
La mattina del 13 maggio apparvero le coste americane: fino ad allora
non fu
notata alcuna traccia di terraferma. L'atterraggio, previsto
inizialmente a
Nome, fu anticipato a causa del maltempo a Teller, una minuscola
località
dell'Alaska, alle 7.30 del 14 maggio 1926. In 170 ore di volo erano
stati
percorsi 13.000 km, da Roma all'Alaska. Venne definitivamente
dimostrato che
attorno al Polo Nord si estende un immenso mare ghiacciato, il Mar
Glaciale
Artico, mentre il dirigibile confermò di essere in quegli
anni l'unica macchina
in grado di sostenere grandi traversate senza punti di rifornimento.
La spedizione del dirigibile Italia
La
trasvolata del Norge, organizzata in tempi assai
ristretti, aveva
necessariamente escluso qualunque programma di ricerca scientifica:
circa 4
milioni di kmq della calotta polare restavano inesplorati e l'eventuale
presenza di terre emergenti fra i ghiacci era tutta da verificare.
Umberto
Nobile aveva già deciso al suo arrivo a Teller la
preparazione di un'altra
impresa, questa volta con un dettagliato programma di esplorazione
geografica e
di esperimenti scientifici.
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Napoli,
2 agosto 1926: l'arrivo in porto del Conte
Biancamano con a bordo Nobile reduce dalla trasvolata polare
con il Norge.
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Il governo italiano (e soprattutto Balbo) non autorizzò la
costruzione di un
nuovo dirigibile, l'N5, grande tre volte il Norge:
pur riconoscendo gli
indubbi meriti della spedizione artica del 1926, l'Aeronautica
preferì
concentrare i propri sforzi nello sviluppo degli aerei. Nobile tuttavia
non si
arrese: ottenne il sostegno di un gruppo di industriali milanesi e
portò a
termine nel 1927 la costruzione di un'aeronave gemella del Norge,
l'N4.
Nel frattempo, istituti scientifici italiani, cecoslovacchi,
statunitensi e
inglesi misero a disposizione i loro migliori strumenti di rilevazione.
Alla fine di marzo del 1928 ogni dettaglio della spedizione era stato
definito.
Il dirigibile N4, ribattezzato Italia, aveva 13
membri d'equipaggio,
tutti italiani. Considerando anche i tre scienziati e i due
giornalisti, la spedizione
comprendeva in tutto 18 uomini, con Nobile naturalmente come
comandante.
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Roma
Ciampino, 1928: ultime operazioni di modifica del dirigibile Italia per
la spedizione polare. Sono visibili i serbatoi della benzina e il trave
prismatico triangolare. In alto la cupola di irrigidimento di prua
rinforzata per consentire l'attracco al pilone, con al centro il
valvolone di prua.
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Dopo
il
trasferimento da Roma a Milano, l'Italia
partì dall'aerodromo milanese
di Baggio il 15 aprile 1928 e con un volo di circa 6000 km, facendo
tappa a
Stolp (Pomerania) e Vadsö (Norvegia), giunse alla Baia del Re
il 6 maggio.
Il primo volo di esplorazione delle regioni polari si concluse ben
presto, a
causa delle avversità atmosferiche e di guasti tecnici. Il
secondo durò tre
giorni con un percorso di circa 4000 km sui territori inesplorati a
nord-est
delle isole Svalbard: vennero definiti gli estremi confini occidentali
della
Terra del Nord, fu dimostrata l'inesistenza della Terra di Gillis e
vennero
effettuati diversi rilevamenti sulla Terra di Nord-Est. Il terzo volo
doveva
esplorare la parte settentrionale della Groenlandia, alla ricerca di
terre
emerse, per dirigersi quindi sul Polo, dove erano previste misurazioni
scientifiche sul pack.
Alle 4.28 del 23 maggio 1928 l'Italia si alzò in volo con
sedici persone a
bordo e, nonostante una violenta perturbazione, raggiunse il Polo Nord
alla
mezzanotte fra il 23 e il 24 maggio. Fu impossibile attuare la discesa
sui
ghiacci, a causa del forte vento. Alle 2.20 Nobile ordinò
che si prendesse la
via del ritorno.
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Baia
del Re, 23 maggio 1928, ore 4.28: la partenza dell'Italia per il terzo
volo artico.
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L'avvistamento delle isole Svalbard era previsto per le prime ore del
mattino
del 25 maggio, ma la forza del vento aveva portato spesso l'aeronave
fuori
rotta, rallentandone la marcia. Alle 10.30 il capo motorista Cecioni
diede
l'allarme: l'Italia stava perdendo rapidamente
quota. Tre minuti più
tardi, per cause che restano tuttora sconosciute, il dirigibile si
schiantava sul
pack, a quasi 100 km dalle isole Svalbard.
Dieci uomini caddero dalla navicella di comando sui ghiacci. Il
meccanico
Pomella fu trovato morto dai superstiti subito dopo la caduta; Nobile e
Cecioni
subirono fratture agli arti. Sull'involucro privo di comandi restarono
invece
Alessandrini, Caratti, Ciocca, Arduino, Pontremoli e Lago. L'aeronave
si
risollevò lentamente scomparendo nella fitta nebbia: della
sua sorte e di
quella dei sei uomini rimasti a bordo non si ebbero più
notizie. Probabilmente
l'Italia andò alla deriva, inabissandosi
nel Mare di Barents.
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La
caduta del dirigibile Italia sul pack (copertina della Domenica del
Corriere).
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L'impatto aveva riversato un po' ovunque anche numerose attrezzature di
bordo.
Fu rinvenuta una parte dei viveri, ma soprattutto la tenda preparata
per la
discesa sul Polo e la radio di soccorso Ondina 33.
La tenda, colorata di
rosso con l'anilina che avrebbe dovuto servire per le rilevazioni
altimetriche,
diventò un indispensabile rifugio per i naufraghi e un punto
di riferimento per
i soccorsi. Il radiotelegrafista Biagi montò subito
l'antenna della radio e
attivò l'apparecchio. Il 30 maggio, dopo cinque giorni di
infruttuose
trasmissioni (la nave appoggio Città di Milano
non riuscì a captare i
messaggi di aiuto), Mariano, Zappi e Malmgren lasciarono la tenda per
una
marcia disperata verso la terraferma. Quattro giorni dopo, il 3 giugno,
un
radioamatore russo di nome Schmidt intercettò l'SOS dei
naufraghi.
Le operazioni di salvataggio
La
notizia
del naufragio dell'Italia si diffuse in tutto il
mondo. Due baleniere,
la norvegese Hobby e la Braganza
(noleggiata dall'Italia),
perlustrarono inutilmente la zona a nord delle Svalbard. Anche i
reparti degli
alpini e i giovani della SUCAI (associazione universitaria legata al
Club
Alpino Italiano) si attivarono immediatamente e setacciarono senza
successo
centinaia di chilometri quadrati, con la speranza che il dirigibile
avesse
raggiunto le coste settentrionali delle Svalbard. La nave appoggio Città
di
Milano si spostò alla Baia Virgo e finalmente l'8
giugno stabilì il
contatto radio con la Tenda Rossa: i naufraghi si trovavano a
80° 30'
latitudine N e 28° 4' longitudine E.
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Baia
del Re, aprile 1928: l'arrivo della nave appoggio Città di
Milano. Per aprire un varco fra i ghiacci e consentire l'attracco
vennero fatte esplodere dagli alpini numerose cariche di dinamite
davanti alla prua.
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Tra la fine di maggio e i primi di giugno si mossero anche i governi
svedese e
italiano. La Svezia inviò il battello Tanja
con due idrovolanti
Hansa-Brandenburg e il Fokker 31 pilotato da Einard Lundbord. Sulla
baleniera Quest
partirono gli uomini della spedizione, guidati da Tornberg. In Italia
il
governo fascista si limitò ad autorizzare la partenza di un
idrovolante Siai
S55 pilotato dal maggiore Umberto Maddalena, con una spedizione resa
possibile
dal finanziamento deciso da privati, organizzati in comitato a Milano
presso
l'Automobile Club.
Nella prima metà di giugno la Svezia inviò un
altro aereo, il trimotore
Uppland; la Finlandia mise a disposizione il monomotore Turku.
L'idrovolante di
Maddalena raggiunse la Baia del Re il 18 giugno. Nello stesso giorno il
Latham-47 della spedizione francese, decollato da Trömso,
precipitò nel Mare di
Barents con a bordo quattro uomini dell'equipaggio, Amundsen (il
leggendario
esploratore norvegese compagno di Nobile nella trasvolata del Norge)
e
Dietrichson (pilota di uno dei due Dornier Wal che avevano tentato la
conquista
polare nel 1925): uno dei galleggianti dell'idrovolante fu ritrovato il
31
agosto dalla nave Brodd.
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Baia
del Re, 18 giugno 1928: l'idrovolante S55 pilotato da Umberto Maddalena
ammara nei pressi della nave appoggio Citta' di Milano.
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Il 19 giugno Maddalena fece un primo volo, infruttuoso, alla ricerca
della
Tenda Rossa. Il giorno successivo, durante un'altra ricognizione
dell'S55, i
naufraghi scorsero l'idrovolante e iniziarono a trasmettere il segnale
stabilito: "KKK"; il pilota dell'aereo riuscì
così a individuare la
tenda e a lanciare sui ghiacci i primi aiuti.
Il 22 giugno l'S55 ripartì, questa volta insieme a un altro
idrovolante
italiano, il Dornier Wal Marina II di Penzo, giunto
alla Baia del Re un
paio di giorni prima. I due velivoli erano carichi di rifornimenti
indispensabili alla sopravvivenza dei naufraghi. Nello stesso giorno
anche i
due Hansa della spedizione svedese sorvolarono la Tenda Rossa,
lanciando altre
provviste e chiedendo agli uomini sui ghiacci di individuare e
segnalare un
luogo adatto per l'atterraggio.
Nel frattempo, al capitano degli alpini Gennaro Sora e a due esperti
conoscitori del pack, Warming e van Dongen, venne affidato il compito
di
ritrovare Mariano, Zappi e Malmgren. La spedizione di terra
lasciò Capo Nord il
18 giugno con slitte trainate da cani e si diresse verso l'isola di
Foyn. A
metà del percorso, Warming, colpito da oftalmia, si
fermò in un rifugio. Sora e
van Dongen raggiunsero l'isola di Foyn dopo una marcia durissima;
tuttavia,
allo stremo delle forze, non riuscirono a proseguire e dovettero
attendere a
loro volta i soccorsi.
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20
giugno 1928, 80° latitudine N: l'idrovolante S55 sorvola per la
prima volta la Tenda Rossa. Sulla sinistra è visibile il
segnale del campo di atterraggio preparato dai naufraghi.
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La sera del 23 giugno due aerei svedesi raggiunsero nuovamente la Tenda
Rossa:
uno era il Fokker 31 di Lundborg, che riuscì ad atterrare
sulla pista di neve e
ghiaccio e a trarre in salvo Nobile, che avrebbe dovuto dirigere dalla
base
svedese le successive operazioni di soccorso. Lundborg tornò
poco dopo in aiuto
degli altri naufraghi, ma in fase di atterraggio il suo Fokker si
ribaltò e il
pilota rimase a sua volta prigioniero dei ghiacci.
Un'altra spedizione aveva intanto lasciato la nave Braganza
ed era
partita alla ricerca del gruppo Mariano: la componevano due giovani
della
SUCAI, Matteoda e Albertini, un conducente di slitte (Tandberg) e la
guida
Nois. Dal 23 giugno al 6 luglio i quattro uomini perlustrarono un'ampia
zona
della Terra di Nord-Est, percorrendo quasi 500 km senza trovare traccia
né dei
dispersi né dell'Italia.
Il 6 luglio il Moth svedese pilotato da Schyberg portò in
salvo Lundborg ma non
tentò più altri rischiosi atterraggi. Nobile
sollecitò allora il comandante
Tornberg perché organizzasse un nuovo tentativo con il
Klemm-Daimler pilotato
da Eickmann. Ma il 12 luglio, quando l'aereo fu pronto per il volo, il
rompighiaccio sovietico Krassin era già
arrivato alla Tenda Rossa.
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Mar
Glaciale Artico, giugno 1928: la baleniera Braganza incagliata fra i
ghiacci durante i soccorsi ai naufraghi dell'Italia.
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La spedizione di soccorso sovietica impiegò due
rompighiaccio, il Malyghin
e il Krassin. La prima nave, partita da Arcangelo
il 12 giugno, doveva
raggiungere la parte orientale delle Svalbard e di qui dirigere verso
nord. Il Krassin,
comandato da Karl Eggi e con a bordo il professor Samoilovich per
coordinare i
soccorsi, salpò da Leningrado il 16 giugno. Doveva
raggiungere le Svalbard da
ovest e perlustrare tutta la parte settentrionale dell'arcipelago verso
l'isola
di Foyn. Il 3 luglio, a nord delle Svalbard, il Krassin
subì danni a
un'elica; ulteriori avarie convinsero Samoilovich a ritornare per le
riparazioni e per rifornirsi di carbone. Ma Nobile telegrafò
al comandante
della spedizione sovietica, pregandolo di non rinunciare alle ricerche,
e riuscì
a ottenere che dal rompighiaccio fosse calato il trimotore Junkers
pilotato da
Boris Ciuknowski. L'aereo decollò alle 16 del 10 luglio e
riuscì ad avvistare
il gruppo Mariano ma non a rientrare al Krassin. La
nebbia lo costrinse
infatti a un atterraggio di fortuna presso le Sette Isole, dove il
velivolo
restò bloccato dai danni subìti.
Samoilovich, sostenuto da un equipaggio noncurante delle avarie e della
scarsità di carbone, decise di proseguire. All'alba del 12
luglio vennero
avvistati e tratti in salvo Mariano, che aveva un piede congelato, e
Zappi.
Malmgren, purtroppo, non aveva retto alla tremenda marcia sui ghiacci.
Alle 20
dello stesso giorno fu avvistata la Tenda Rossa: mezz'ora dopo il
rompighiaccio
iniziava il salvataggio dei cinque naufraghi rimasti. La tenda fu
smontata e
trasferita sulla nave insieme all'Ondina 33. Erano
trascorsi 48 giorni
dal tragico impatto dell'Italia.
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I
sei membri dell'equipaggio dell'Italia scomparsi nel cielo artico con
l'involucro dell'aeronave dopo la caduta sul pack. Dall'alto a
sinistra, in senso orario: Renato Alessandrini, Ettore Arduino, Attilio
Caratti, Aldo Pontremoli, Ugo Lago e Calisto Ciocca.
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Nonostante la generosa disponibilità dei sovietici ad
appoggiare le operazioni
degli idrovolanti, Nobile non riuscì a far proseguire le
ricerche dell'Italia
e dei sei dispersi che si trovavano a bordo quando l'involucro si era
risollevato dopo lo schianto. Da Roma, Italo Balbo ordinò il
rientro degli
idrovolanti, mentre il comandante della Città di
Milano chiedeva al Krassin
di raggiungere la Baia del Re. Durante il viaggio di ritorno, il
rompighiaccio
recuperò l'equipaggio dello Junkers accampato presso Capo
Wrede e già raggiunto
in precedenza da una pattuglia discesa dalla baleniera Braganza e
composta da
Albertini, Matteoda, Gualdi e Nois. Sora e van Dongen, avvistati dal Krassin
durante l'avvicinamento alla Tenda Rossa, furono portati in salvo dagli
idrovolanti svedesi.
Altre due spedizioni alla ricerca dell'Italia ebbero
luogo nei mesi di
agosto e di settembre e videro impegnati, senza alcun risultato, la Braganza
e il Krassin. Il 22 settembre Samoilovich ricevette
da Mosca l'ordine di
rientrare definitivamente.
La Tenda Rossa, riportata in Italia, è oggi al Museo
Nazionale della Scienza e
della Tecnica. La radio Ondina 33 è
conservata dal Museo della Marina
militare italiana di La Spezia.
La ricerca scientifica al Polo Nord
La
spedizione dell'Italia comprendeva tre scienziati di
grande fama:
l'italiano Aldo Pontremoli, fondatore del Dipartimento di Fisica
dell'Università
di Milano, il cecoslovacco Frantisek Behounek, direttore dell'Istituto
del
radio di Praga, e lo svedese Finn Malmgren, geofisico e meteorologo,
docente
all'Università di Uppsala. Essi misero a punto con Nobile un
nutrito programma
di ricerche, che spaziava dall'oceanografia alla geografia, dalla
geofisica
alle ricerche sul magnetismo terrestre e sulla propagazione delle onde
elettromagnetiche, dalle gravimetria alle ricerche batteriologiche e
meteorologiche, nonché uno studio delle Diatomee della Baia
del Re.
La cabina di comando del dirigibile Italia venne
trasformata in un
laboratorio; la strumentazione scientifica, proveniente dai
più importanti
centri di ricerca del mondo, pesava complessivamente circa 300 kg,
anche se
molte apparecchiature furono appositamente alleggerite.
Nonostante l'impossibilità di una discesa sul pack e la
tragedia dell'ultimo
volo, la spedizione conseguì numerosi risultati scientifici:
per citarne
alcuni, lo scandaglio acustico tipo Behm diede ottimi risultati nella
rilevazione
delle profondità marine; il secondo volo consentì
di rettificare la posizione
dell'Isola Grossa e fu osservata l'assenza di ghiacciai sulla Terra di
Nord-Est; le misurazioni effettuate portarono alla verifica del valore
decrescente della ionizzazione dell'aria al crescere della latitudine;
le
ricerche batteriologiche portarono alla verifica della
sterilità dell'aria
nelle regioni polari.
Durante i 48 giorni sul pack furono studiate le derive dei ghiacci,
mentre il
radiotelegrafista Biagi riuscì con l'Ondina 33
a raggiungere distanze
considerevoli in trasmissione e in ricezione.
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Mare
di Barents, 5 maggio 1928: Umberto Nobile e lo scienziato svedese Finn
Malmgren a bordo dell'Italia in avvicinamento alla Baia del Re.
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Le ricerche meteorologiche più importanti riguardarono lo
studio delle nebbie
nel periodo giugno-agosto. Alla Baia del Re, il fratello di Nobile,
Amedeo,
effettuò numerosi rilevamenti sulle pressioni, le
temperature e la dinamica dei
venti.
La scomparsa di Pontremoli e Malmgren non consentì purtroppo
di valorizzare una
mole notevole di misurazioni e di esperimenti effettuati durante il
volo.
Inoltre, la parte più consistente della documentazione
raccolta con il terzo
volo andò perduta con la distruzione della cabina di comando
e la scomparsa
dell'involucro. Nonostante ciò i contributi alla ricerca
scientifica portati
dalla spedizione del dirigibile Italia mantengono la loro
originalità e la loro
rilevanza, soprattutto quelli di carattere geografico e meteorologico.
L'impegno italiano nella ricerca al Polo Nord prosegue oggi con la base
artica
del Consiglio Nazionale delle Ricerche, attiva dal 15 maggio 1997 a
Ny-Alesund
(78°55' N - 11°56' E) e dedicata al dirigibile Italia.
(testi
e
immagini forniti da Anthelios
Edizioni e
tratti dal volume e dal cd-rom pubblicati in occasione della mostra "La
Tenda Rossa" e acquistabili anche online sul sito Anthelios).
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