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Uomini misteriosi nell'estremo Nord

 

PALEOANTROPOLOGIA

Fuori al freddo, nelle lande inospitali a Nord del circolo polare artico: 40.000 anni fa, durante l’ultima glaciazione, gli uomini vivevano anche qui, nelle terre che ora sono coperte dai ghiacci.

La presenza umana a queste latitudini è testimoniata dal ritrovamento di alcuni reperti archeologici in un sito, risalente al periodo paleolitico, situato nella parte europea della zona artica della Russia. A partire dal 1992, Pavel Pavlov, ricercatore all’Istituto di lingua, letteratura e storia dell’Accademia russa delle scienze, insieme ad alcuni colleghi norvegesi, ha trascorso diverse stagioni estive presso il sito di Mamontovaya Kurya, ai piedi della zona polare dei monti Urali. Quattro estati di lavoro per analizzare dal punto di vista archeologico e geologico manufatti in pietra, ossa di animali e zanne di mammut con segni provocati presumibilmente da strumenti in pietra. Opera dell’uomo, quindi, anche se il significato, forse simbolico o artistico, non è ancora chiaro.

I risultati dello studio sono stati pubblicati dalla rivista Nature. Anche se i reperti sono stati rinvenuti al di sotto di alcuni strati di sedimenti risalenti a un periodo successivo, la datazione con il carbonio 14 ha indicato il possibile intervallo di età tra 40.000 e 35.000 anni fa, cioè in piena era glaciale. La scoperta porta nuove informazioni sia sull’evoluzione della civiltà, sia sul clima della regione in queste antiche ere.

Per Pavlov, è probabile che l’occupazione di queste terre da parte dell’uomo sia avvenuta durante un periodo particolarmente mite dell’ultima era glaciale; in un intervallo di tempo in cui, comunque, le temperature erano di gran lunga più basse di oggi. Secondo le ricostruzioni effettuate in base ai dati archeologici conosciuti, infatti, le terre che ospitavano questi uomini dovevano essere ricoperte da vegetazione. Niente ghiaccio, quindi, nelle zone più settentrionali del continente, in quelle aree di Europa e Asia che si trovano al di sopra del circolo polare artico. Lo confermano anche i numerosi ritrovamenti di ossa e denti appartenenti ad animali di grandi dimensioni e risalenti a un periodo compreso tra 40.000 e 22.000 anni fa, segno indiretto della presenza di vasti spazi aperti ricoperti d’erba, un paesaggio simile alla moderna steppa.

Come dimostrano le analisi sui pollini, durante l’ultima era glaciale, tra 60.000 e 40.000 anni fa, la steppa si è estesa rapidamente dal Sud al Nord dell’Europa, condizionando i movimenti delle popolazioni e la loro evoluzione. Nei periodi più caldi la steppa e gli uomini avrebbero raggiunto la zona artica. E in questo stesso periodo lo strato di ghiaccio che ricopriva vaste zone della Terra sarebbe stato, quindi, meno esteso di quanto creduto finora. I periodi più freddi, come quello più importante, manifestatosi circa 20.000 anni fa, avrebbero invece spinto gli uomini verso il Sud, nelle zone meridionali della Francia e in Grecia.

Niente ghiaccio 40.000 anni fa nell’Artico, ma temperature polari. Circa 10 gradi di meno rispetto a quelle registrate oggi. La prova della presenza dell’uomo a queste latitudini, a temperature tanto basse, rende necessarie nuove considerazioni sia riguardo alla storia delle prime occupazioni della zona artica, sia riguardo al livello di sviluppo e di organizzazione di queste civiltà primitive.

Finora, infatti, i segni della più antica occupazione della zona artica risalivano a 13.000 o 14.000 anni fa. La variazione di data suggerita dalle nuove scoperte dei ricercatori apre molte questioni nuove. La sopravvivenza degli esseri umani in un ambiente tanto inospitale deve aver richiesto un buon livello di organizzazione tecnologica e sociale, come dimostrano gli esempi delle popolazioni che oggi vivono in condizioni simili, come gli Inuit o alcune popolazioni siberiane. E la capacità di pianificare e di creare una rete sociale estesa è una qualità generalmente associata al comportamento dei moderni esseri umani. D’altro canto, è certo che questa regione fu abitata molto prima che gli uomini di Neanderthal scomparissero dal continente, 28.000 anni fa.

Chi sarebbero quindi questi antichi pionieri? Una questione che i ricercatori si propongono di indagare è se questi uomini appartenessero all’antica popolazione di Neanderthal o facessero parte del gruppo degli Homo sapiens. Se fosse vera la seconda ipotesi, che più convince Pavlov e i suoi collaboratori, questi uomini avrebbero percorso rapidamente l’Europa, raggiungendo il profondo Nord solo poche centinaia di anni dopo il loro arrivo nel continente.

Se invece i pionieri fossero stati uomini di Neanderthal, la loro espansione verso Nord sarebbe stata molto più spinta rispetto a quanto creduto finora. Inoltre questa sarebbe una prova ulteriore della loro grande adattabilità e organizzazione sociale. Gli uomini di Neanderthal sono gli ominidi meglio conosciuti. Le analisi condotte sulle ossa ritrovate in vari siti hanno descritto questi uomini come robusti e adattati a vivere in condizioni difficili. La loro dieta ad alto contenuto di carne suggerisce una capacità di adattamento sviluppata forse anche attraverso la permanenza in ambienti, come quello del circolo polare artico di 40.000 anni fa, in cui gli animali erano abbondanti ma le risorse vegetali limitate. Un livello di sviluppo culturale, quindi, che poteva permettere loro di colonizzare la zona.

Raffaella Daghini
by ZADIG
www.zadig.it