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La ricerca nell'Artico riparte

 

 

Dopo tre anni di attività ridotte dall’insufficienza di fondi, la comunità scientifica italiana torna protagonista nel Polo Nord grazie alla costruzione della Amundsen-Nobile Climate change tower e alla realizzazione del Cct integrated project. Si tratta di “un progetto di ricerca sui cambiamenti climatici e i processi di inquinamento nella regione che rappresenta il completamento e l’evoluzione del Progetto strategico Artico, sospeso nel 2007” ha annunciato Giuseppe Cavarretta, direttore del Dta-Cnr, presentando il programma di ricerca oggi al Cnr, nell’ambito dell’incontro “Le prospettive della ricerca nella Regione Artica”.



Obiettivo dell’incontro,
organizzato dal Dipartimento terra e ambiente Dta-Cnr, è stato illustrare i contenuti della campagna di ricerca 2010 in Artico, che vede l’ente coinvolto in prima linea e, più in generale, per discutere del contributo italiano allo studio delle problematiche ambientali di quest’area. Alla conferenza hanno preso parte, tra gli altri, l’Ambasciatore del Regno di Norvegia in Italia, Einar M. Bull, il Presidente della Commissione scientifica nazionale per l’Antartide e dell’European Polar Board Carlo Alberto Ricci, e rappresentanti di istituzioni ed enti di ricerca internazionali.

Il nuovo progetto, operativo presso le isole Svalbard, in Norvegia, nella Base ‘Dirigibile Italia’, è stato reso possibile, “grazie all’azione congiunta del Cnr, che ha attivato finanziamenti per 400 mila euro, e del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (Miur) che ha approvato per questo obiettivo un progetto Prin per 250.000 euro” spiega ancora Cavaretta. “Il programma vedrà impegnati oltre 40 ricercatori e tecnici, che si alterneranno nella Base fino a fine settembre”.In particolare, il supporto logistico ai ricercatori Cnr, universitari e di altri Enti di ricerca anche non-italiani e l’operatività dei laboratori sono garantiti dal nostro Dipartimento” ha detto ancora Cavaretta che ha messo in rilievo le importanti ricadute del progetto di ricerca anche per l’innovazione d’impresa. “Tutto questo progetto – ha detto Cavaretta – partorirà innovazione per le imprese e importanti ricadute tecnologiche per le aziende”. E non solo. 

Il Cct è parte del programma Sios (Svalbard Integrated Observation System), che mira a trasformare le Svalbard in una piattaforma multistrumentale e multidisciplinare per lo studio del sistema Artico, promosso dall’Esfri, l’European Strategy Forum on Research Infrastructures” ha spiegato Vito Vitale dell’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima (Isac-Cnr) di Bologna. “In particolare, – ha aggiunto – sarà avviata la realizzazione di un laboratorio per lo studio e il monitoraggio di particelle di aerosol, SLPs (short lived pollutants), POPs (persistent organic pollutants), processi chimico-fisici all’interfaccia aria-neve e processi nell’interfaccia aria-mare, mediante la realizzazione di una rete di sistemi acustici marini nel Kongsfjorden”. E l’incontro di oggi si inserisce ovviamente nel contesto dei dati sui cambiamenti climatici in corso nelle regioni artiche. “Negli ultimi cinquanta anni, la temperatura è aumentata da 2 a 3 volte in più rispetto alla media globale ed i ghiacci marini -ha sottolineato Antonello Provenzale dell’Isac-Cnr- hanno quasi dimezzato il loro spessore, dai 3,7 metri del 1975 ai 2,7 metri del 2000, e la temperatura del permafrost (il suolo perennemente ghiacciato) è aumentata in molte regioni di circa 2-4°C, con il rischio di liberare metano, potente gas serra che amplifica il riscaldamento climatico”.

Per i ricercatori, questi cambiamenti hanno effetti significativi sia sull’ambiente fisico, quali la fusione del ghiaccio marino, sia sugli ecosistemi artici, “con l’espansione verso nord – ha aggiunto Provenzale – di diverse specie, inclusi insetti nocivi e arbusti, l’arrivo anticipato di uccelli migratori e una forte diminuzione delle specie legate alla presenza di ghiaccio marino, come l’orso polare”. “Le osservazioni satellitari – ha detto ancora – mostrano che tra il 1996 ed il 2005 il deficit del bilancio di massa della calotta polare che ricopre la Groenlandia è più che raddoppiato”. Le regioni polari sono molto sensibili ai cambiamenti climatici e destano, dunque, interesse specie in chiave ‘sintomaticà e predittiva delle condizioni del pianeta” ha rimarcato il ricercatore Andrea Bergamasco, dell’Istituto di Scienze marine (Ismar) del Cnr di Venezia. “L’effetto più temuto – ha concluso Bergamasco – è la possibile modifica della circolazione termoalina globale, il principale meccanismo attraverso il quale l’oceano contribuisce al controllo del budget radiativo globale, regolando l’equilibrio climatico”.


                                                                                                                                             Fonte:  Ecquo