È ridotto al minimo storico, ma è
facile prevedere che anche questo record non durerà a lungo.
La banchisa polare su cui si sono consumate le vite di tanti
esploratori si restringerà ancora, fino a diventare,
nell'arco di pochi decenni, un ricordo letterario. Le foto della Nasa,
scattate lo scorso 21 settembre, mostrano come la calotta artica si sia
ridotta a una superficie di 5,3 milioni di chilometri quadrati: ha
perso il 20 per cento della sua estensione in poco più di
vent'anni.
E continua a sciogliersi, anno dopo anno, mettendo in crisi le
comunità di hinuit che vivono ai margini del grande freddo e
condannando all'estinzione gli orsi polari. Secondo Julienne Stroeve,
del Nsidc (il centro americano dei dati sulla neve e il ghiaccio),
continuando con questo ritmo «l'Artico non avrà
più ghiaccio durante la stagione estiva
ben prima della fine del secolo». E tutto lascia pensare che
il ritmo non cambierà. Anzi e possibile che acceleri
perché le emissioni di gas serra derivanti dal consumo di
petrolio e dalla deforestazione continuano a crescere, trainate dallo
sviluppo industriale dei paesi in transizione e dall'opposizione
statunitense al protocollo di Kyoto che ha rallentato la corsa
dell'innovazione tecnologica in campo ambientale.
«la velocità del riscaldamento della fascia artica
è impressionante: viaggia a una velocità
più che doppia rispetto alla media globale»,
conferma Vincenzo Ferrara, il climatologo dell'Enea.«E una
delle conseguenze di questo processo, oltre allo scioglimento del
permafrost, il suolo ghiacciato che sostiene metanodotti e centrali
nucleari, è il rallentamento della corrente del Golfo: un
processo di cui già quest'anno si sono visti segnali molto
netti».
La corrente dei Golfo è un tapis roulant e energetico che
trascina il calore dal Golfo del Messico verso l'Europa
nord-occidentale. Durante questo percorso la massa di acqua calda, che
viaggia in superficie, evapora e diventa sempre più salata,
finché, arrivata in Scandinavia, incontra un'acqua
più dolce e s'inabissa cominciando il viaggio di ritorno
verso i tropici. Se l'incontro con l'acqua proveniente dallo
scioglimento dei ghiacciai avviene prima, la corrente si arresta prima
facendo diminuire la temperatura in Scandinavia.
Ma il fenomeno ha anche un'altra faccia: il calore che non trasmigra
più verso l'Europa, sulle ali della corrente del Golfo,
rimane bloccato nell'area dei Caraibi. E infatti quei mari hanno
già cominciato a scaldarsi: il calore aumenta l'evaporazione
e quindi c'è più energia in circolazione
nell'atmosfera. Un cambiamento che, secondo molti scienziati,
ha provocato l'intensificars degli uragani che stanno flagellando le
coste degli Stati Uniti. Questa notizia è stata scritta da
Antonio Cianciullo per il periodico "La Repubblica" (versione cartacea
n.231).
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