Nel Paese più inquinante del mondo, che si
è permesso di non ratificare il Protocollo di Kyoto, la
novità è che oggi la Corte Suprema analizza il
ricorso di diversi stati della Federazione e di associazioni ecologiste
che hanno denunciato formalmente il rifiuto dell'amministrazione Bush
di considerare come agenti inquinanti i gas serra, causa del "caos
climatico".
Caos e non «cambiamento», come ci ricorda
l'ambientalista Wolfgang Sachs del tedesco Wupperthal Institute,
perché «cambiamento è una bella parola,
e perfino riscaldamento potrebbe sembrarlo, in certi climi. Invece,
è proprio il caos».
Come si sa, diversi stati e amministrazioni locali si sono da tempo
dissociati dal presidente Bush e dalle sue lobby per impegnarsi a
ridurre le emissioni di anidride carbonica (ad esempio, meno 25% entro
il 2020 in California, nemmeno un grande sforzo visto il livello di
spreco). Come spiega il New York Times, che l'amministrazione Bush
sostenga di non avere il potere necessario a ridurre gli impatti delle
attività umane sul clima ordinando limiti alle emissioni non
è credibile: visto che è in corso un piano di sei
anni per espandere appunto i poteri presidenziali, anche oltre quanto
permette la Costituzione. Ed è proprio questo che i
difensori presidenziali diranno oggi alla Corte Suprema.
Sono dodici gli stati - fra questi New York e Massachusetts - che
trascinano in giudizio per inadempienza in atti d'ufficio la
Environmental Protection Agency, organismo governativo che
«da 35 anni protegge la salute umana e l'ambiente»,
come recita ilo suo sito, che alla voce «inquinamento
atmosferico» riporta una enorme sfilza di interventi di
riduzione sì, ma non delle emissioni climalteranti
bensì di quelle che inquinano l'atmosfera.
Appoggiati da ambientalisti e scienziati, i dodici stati sostengono che
il Clean Air Act (la legge che si riferisce all'inquinamento
atmosferico) ordina all'EPA di imporre limiti all'anidride carbonica e
altri altri gas climalteranti emessi dalle automobili di nuova
fabbricazione.
L'Amministrazione Bush sostiene che quei gas non sono inquinanti
atmosferici sulla base del Clean Air Act. E che comunque, gli stati non
hanno diritto di ricorre perché perché non
possono dimostrare che sarebbero danneggiati in modo specifico dal
fatto che l'EPA non porrebbe limitazioni ai gas serra. A ben leggere il
Clean Air Act, però, l'Agenzia governativa è
inadempiente. La legge infatti dice che l'EPA
«fisserà» gli standard per
«ogni tipo di inquinante atmosferico» tale da
provocare (o contribuire a provocare), a giudizio dell'Agenzia, un
inquinamento
atmosferico del quale «si possa ragionevolmente prevedere che
metta in pericolo la salute o il benessere». La parola
«benessere», dice la legge, comprende il
«clima» e il «tempo
atmosferico». L'EPA tira fuori una sfilza di argomenti
speciosi cercando di dimostrare che il significato della legge
è diverso da quel che viene espressamente detto nel testo. E
perché sostiene questo ? In parte perché
«c'è troppa incertezza scientifica» (!)
sull'effetto serra antropico per preoccuparsene.
Anche l'altro cavillo tirato in ballo dall'amministrazione Bush, e
cioè l'irricevibilità del ricorso degli stati in
quanto non sarebbero parti lese, è speciosissimo: fa finta
di dimenticare che le istituzioni hanno un interesse a proteggere
l'ambiente e i cittadini da inondazioni e altri tipi di danni
riconducibili al clima impazzito.
Gli scienziati del clima, del Goddard Institute for Space Studies della
Nasa, basato alla Stanford University, insieme ad altre prestigiose
istituzioni, anche in questo frangente giuridico avvertono:
«L'evidenza scientifica dei rischi e
dell'irreversibilità del cambiamento climatico sono un
argomento abbastanza convincente da indurre a un'azione di
controllo urgente». La Corte Suprema USA può
giocare dunque oggi un ruolo di grande importanza nella difesa del
pianeta. Basterebbe che faccia una cosa: stabilire che l'EPA deve
iniziare a rispettare la legge.
Fonte: New York Times
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