NICARAGUA, PAIS DE ACACHIMBA ! Un
viaggio indimenticabile... 8
– 28 Gennaio 2003 di Maurizio
Fabbri Se
vuoi vedere tutte le foto di questo viaggio, vai sul sito dell'autore: http://members.xoom.virgilio.it/mfwebsite
08
Gennaio 2003 - Partenza. Mi
sveglio presto anche se il volo è previsto per le 12.55 dopo aver
passato una notte che non definirei proprio il massimo del sonno
profondo; l'euforia della partenza mi gioca sempre questo scherzo... E'
una mattina bianca..., si bianca, come tante nell'inverno del nord. Una
di quelle mattine in cui il cielo sembra coperto da un enorme trapunta
grigiastra, che inevitabilmente nasconde tutto l'azzurro di cui il cielo
dovrebbe essere colorato... Ma non qui..., non oggi ! Fa
freddo e si vede...; lo percepisco dall'andatura goffa delle persone che
si affrettano a compiere i tratti di strada, rannicchiati dentro i loro
cappotti come se stessero abbracciando se stessi... Fa
freddo e si sente...; soprattutto quando scendo in strada ad aspettare
Michele, il mio compagno di viaggio, ancora una volta, in questa nuova
avventura. Soffia infatti un vento freddo, che si fa breccia nella
giacca, mi entra attraverso il collo e mi scivola lungo la schiena... E'
il classico tempo che si dice "da neve...". Quel freddo secco,
che porta con se la percezione che da un momento all'altro i fiocchi
bianchi cominceranno a scendere giù. Quasi, se ne sente l'odore... E
lungo l'autostrada che ci porta a Malpensa, il nevischio lo troviamo
davvero ! Quale
mattina migliore per lasciare l'Italia alla volta del caldo centro
america ? Neanche
il tempo di entrare nella grande sala del terminal 1, che siamo già in
coda per il chek-in, veloce ed efficiente... Soprattutto efficiente,
dato che l'Iberia ha un'ottima organizzazione per quanto riguarda i voli
con più scali : il bagaglio infatti viene imbarcato alla partenza e
ripreso alla destinazione finale di arrivo, senza più fare alcun
chek-in intermedio. Non
male per un volo che prevede due scali prima di arrivare a Managua ! Il
tempo scorre via veloce ed eccoci in volo verso Madrid, in perfetto
orario. Qui sosta tecnica e cambio volo per la traversata oceanica. L'aeroporto
di Madrid, mi lascia alquanto deluso... Siamo nella capitale spagnola e
quello che mi trovo davanti è un aeroporto che sembra improvvisato,
dove le indicazioni sono assenti e/o comunque difficilmente
rintracciabili e interpretabili... Vaghiamo
un attimo a logica prima di capire, dopo aver consultato un video con
l'indicazione dei voli, che dobbiamo dirigerci al gate D ! Controllo
passaporti, per accedere all'area voli internazionali e due orette di
sosta... Quello
che non manca sono i punti internet..., ma quanto costano ! Con 1 euro,
mi connetto per 6 minuti e 20 secondi, che scorrono inesorabili in bella
vista, rendendo l'invio della mia e-mail inaspettatamente frenetico e
nervoso ! Alle
17.30 imbarco per Managua. La fila è lunga e prima di giungere in cima
passa un'altra mezz'ora. Poi
il controllo del bagaglio a mano, che io evito senza nessun ipotizzabile
motivo, ma che Michele si becca in pieno ! Lo
zainetto viene rovistato nei minimi particolari; persino i rullini
fotografici sono aperti uno a uno ! Sono
le 18.30, quando finalmente prendiamo posto sull'airbus che ci porterà
dall'altra parte dell'oceano. I
posti sono un po' sacrificati, a mio parere, per un viaggio di 9 ore e
30 minuti, ma questo è quello che offre la classe economica... Del
resto il biglietto l'abbiamo portato via per "poco" grazie ad
una agenzia di Milano, la "Pindorama" (www.pindorama.org),
specializzata in turismo consapevole, che ha un'ottima convenzione con
l'Iberia. Costo del volo A/R : 755 euro, tasse incluse. Ben 107 euro in
meno di quello che poteva proporci la "mitica" Nadia, a cui
come sempre ci eravamo rivolti e che abbiamo "tradito", non
senza farci problemi, proprio all'ultimo... Partiamo
con circa 40 minuti di ritardo, che ci costeranno molto cari a Managua;
quasi 1 dollaro a minuto (...e capirete in seguito il perché !). 09
Gennaio 2003 - Managua, Leon. ( 93 Km. in bus ) Il
volo è tranquillo e neanche eccessivamente stancante... Alle 00.30, ora
locale, del 9 Gennaio atterriamo a Miami. Qui
siamo in transito..., condizione estremamente instabile che ci costringe
comunque a passare l'immigrazione statunitense, per poi essere
raggruppati in un unica sala in attesa di essere smistati sui voli
Iberia per le destinazioni finali. Non
"addormentarsi", in questo frangente, é fondamentale ! Quindi
uscite pimpanti dall'aereo e percorrete il più velocemente possibile il
chilometro di corridoio che vi separa dal posto di polizia. Qui
passaporto alla mano, si riceve un timbro di transito sulla carta di
imbarco e si ripercorre a ritroso, metà dello stesso corridoio fatto in
precedenza, per andare a stiparsi nella tristissima e spoglia sala di
"transito", da dove in seguito si viene smistati sui singoli
voli per la propria destinazione finale. Perché
fare tutto velocemente ? Perché aspettare in coda davanti ai box
dell'immigrazione, è sicuramente peggio che aspettare seduti nella
sala... Anche
qui perdiamo almeno 40 minuti, che ci faranno atterrare all'aeroporto
"Augusto Cesar Sandino" di Managua (finalmente) soltanto alle
01.33 con un'ora e mezzo di ritardo... A
questo punto bisogna affrontare l'immigrazione Nicaraguense... Con il
nostro bel foglietto già compilato in aereo ci accodiamo e dopo
un'altra mezz'ora, data l'estrema lentezza del rilascio del visto
turistico di 30 giorni, mi trovo di fronte all'operatore. Pochi
dati digitati al computer, un bel timbro sul passaporto e il rilascio,
in cambio di 5 dollari, del visto turistico, da conservare accuratamente
nel portafoglio, visto che è necessario per lasciare il paese. Quando
entriamo nella sala dell'aeroporto, i nostri zaini girano sul tappeto
soli, soletti... Pochi
istanti e siamo fuori..., pronti a sostenere l'attacco dei tassisti... Quelli
che dimorano e lavorano all'interno della recinzione dell'aeroporto sono
estremamente cari... Lo
sapevamo già e nonostante questo non riusciamo a scendere sotto i 10
dollari per il prezzo del passaggio ! Un'enormità,
visto che le corse dall'aeroporto alla città e viceversa con i taxi
normali, costano 40/50 Cordobas al massimo : ovvero l'equivalente di
poco più di 3 dollari ! Se
volete evitare di sperperare gli 8 dollari di differenza, potete
tranquillamente seguire verso sinistra il marciapiede, costeggiando
l'aeroporto, sino a raggiungere il cancello di ingresso : qui, sulla
destra, parcheggiati sul ciglio della strada che porta verso il centro
di Managua, ci sono i taxi "normali", a cui si può
sicuramente strappare un prezzo migliore, dei 15 dollari proposti in
partenza, all'interno. Noi
siamo chiaramente stanchi e anche se sappiamo tutto questo, scegliamo di
accettare il passaggio per 10 dollari. Chiediamo
di essere portati all'hotel "Jardin de Italia" nel barrio
Martha Quezada e la cosa è più laboriosa del previsto : questi
tassisti infatti prendono la provvigione da vari altri hotel molto più
costosi e fanno di tutto per convincervi ad andare in quello che
consigliano. Non
fatevi intimidire dalle solite frasi : "è chiuso a
quest'ora", "è una zona pericolosa", ripetute moltissime
volte, ecc. ecc., ma insistete per farvi portare dove avete deciso ! Noi
lo facciamo, ma poi incappiamo in un errore/ingenuità : giunti davanti
all'hospedaje invece di scendere e bussare garbatamente alla porta,
rimaniamo per un momento inerti. Il
tassista approfitta subito dell'indecisione e suona ripetutamente il
clacson. Questo non fa altro che creare confusione, far abbaiare i cani
in zona e accorrere due bambini, che si offrono subito volontari, al
solo scopo di rimediare qualche pesos (nome in gergo, della moneta da 1
cordobas), per destare a suon di pugni sulla porta la signora che
gestisce "El giardin de Italia". Quest'ultima,
comprensibilmente, risponde senza mezzi termini al "tienes
habitaziones ?", proferito dall’interno del taxi, un "Nada
!", al quanto scocciato, che ci toglie ogni speranza e 35 dollari
dalle tasche...; ovvero il prezzo "incredibilmente" alto che
pagheremo all'Hotel Morgut, consigliato dal tassista ! Roberto,
invece, conosciuto in viaggio, ci ha detto che lui ha dormito al Giardin
de Italia, pur arrivando alla stessa nostra ora, ma giunto sul posto è
sceso dal taxi, ha bussato alla porta e parlato con la signora, senza
incontrare i nostri problemi, che di fatto sono stati a noi creati dal
tassista…, non so quanto involontariamente… Lo
scotto della prima notte..., quello che cerchiamo sempre di superare. E
dire che per farlo ci eravamo documentati e informati bene...: sapevamo
esattamente come fare, ma non ci siamo riusciti ! Al
“Morgut” la camera è accettabile e con aria condizionata, che non
useremo e che non giustifica l'esborso... Doccia
veloce e calda, quindi qualche ora di sonno, per smaltire stanchezza e
fuso. Le
cinque ore di sonno per cui abbiamo pagato 35 dollari filano via
velocemente e alle 8.30 lasciamo, molto volentieri, l'Hotel Morgut.
Inavvertitamente, chiudo nella stanza l'unica chiave disponibile, cosa
che fa innervosire il gerente : ma quanto mi dispiace !!! A
Managua il servizio pubblico è garantito, più che dagli autobus, dai
taxi, che per 15 C$, portano in qualsiasi luogo della città; unica
eccezione l'aeroporto, per cui la tariffa è 40/50 C$. Giunti
in strada, fermiamo il primo che passa e gli chiediamo di portarci al
Terminal del mercato israelita, da dove partono i collegamenti per Leon.
Ci chiede, come ci aspettavamo, 15 C$. Gli
chiediamo inoltre di farci fare un rapido giro della città, per vedere
le poche cose interessanti che la capitale offre : la vecchia
cattedrale, il mirador sul lago, il monumento al rivoluzionario e la
statua di Sandino. La
risposta è affermativa, così per prima cosa andiamo alla cattedrale,
uno dei due edifici rimasti in piedi dopo il terremoto del 1972, che
rase al suolo la città. A
dire il vero, sembra che il terremoto sia avvenuto ieri... Managua è
infatti bruttissima; un agglomerato confuso di baracche e case basse e
fatiscenti, ricostruito sulle macerie senza una minima logica
urbanistica, che fanno della capitale del Nicaragua, il più brutto
biglietto da visita del paese. La
cattedrale è in piedi, ma pericolante... Impossibile accedervi, tutto
è transennato e ci si deve accontentare di vederla da lontano.
Deturpata dal sisma e cadente, è comunque imponente e fiera... Subito
dopo sosta volante davanti al monumento del rivoluzionario, giusto per
una foto. Quindi
fermata di pochi minuti di fronte al Lago di Managua, un'immensa pozza
marrone, dove confluiscono gli scarichi della città. Inquinato
all'inverosimile e di fatto morto a livello biologico. Mi appare, tutto
sommato, squallido : piuttosto che "mirador", mi sembra di
essere al "cagador" ! Una
città che non rende merito ad un paese bellissimo, che è completamente
diverso dall'impressione che la sua capitale ne può dare. Mentre
ci dirigiamo ad una banca per cambiare i primi dollari in cordobas,
vista da lontano del monumento a Sandino, famoso falso storico, dato che
l’eroe della rivoluzione nicaraguense impugna un kalashnikov, arma
posteriore per nascita all'epoca di Sandino... Dotati
di valuta locale (ad un cambio di 14,53 C$ per 1 $) e ultimato il tour
cittadino, in pochi minuti ci troviamo al terminal Israel Lewites (del
mercato israelita). Un "dollarito" di mancia al simpatico
ragazzo che ci ha scarrozzato e cominciamo l'avventura... Il
terminal è caotico, sporco, fumoso e pieno di una moltitudine di gente
: chi parte, chi vende, chi si affanna ad accalappia i passeggeri... Un
brulicare di persone, che lo rendono interessante, per chi ne ha già
visto qualcuno e traumatizzante per chi è alla prima esperienza... Saliamo
sul bus per Leon, fermo alla banchina e aspettiamo... Come
consuetudine, una processione di venditori di qualsiasi genere di cose,
continua a salire e scendere dal bus. Tostones, caramelle, refrescos,
acqua; offrono di tutto... Di
colpo ci dicono che c'è un'altro autobus in partenza per Leon : si
cambia mezzo in corsa, mentre ci trascinano fuori lo zaino, caricandolo
sull'altro bus in partenza e via, siamo in movimento... Scopriremo
solo più tardi, che questo bus è diretto a Chinandega e a Leon è solo
"de paso" : in sostanza ci lascerà al "cruceiro"
lungo la strada principale... Poco male, partendo prima, guadagneremo
comunque tempo ! Il
tratto di strada che collega Managua a Leon è in rifacimento e solo il
primo terzo è asfaltato e veloce; i restanti due terzi invece sono
sterrati e spesso a senso unico alternato. Ciò rende il viaggio un pó
più lungo e macchinoso. La
strada costeggia per un lungo tratto il lago di Managua, confermandone
la completa distruzione biologica : mai visto una massa d'acqua tanto
grande, così sporca e inquinata ! Sullo
sfondo però la natura reclama la sua sovranità, stagliando
all'orizzonte il Volcan Momotombo e il più piccolo Momotombito. Ad
ogni fermata per consentire il passo alternato, una fila di persone
appostate sulla carreggiata offre i suoi prodotti : acqua, venduta in
confezioni di plastica azzurra a forma cilindrica, che recano impressa
la dicitura, "trattata con raggi ultravioletti" e refrescos,
dai colori sgargianti, vanno a ruba ! In
un'ora e quaranta minuti siamo a destinazione, o meglio, veniamo
scaricati all'incrocio con la strada che porta a Leon. Qui prendiamo un
taxi, che per la tariffa base (15 C$) ci porta in città. Essere
scesi al "cruceiro" non è un danno così determinante, visto
che il terminal di Leon è molto lontano dal centro cittadino e anche se
avessimo preso un diretto, comunque ci sarebbe servito il taxi, a meno
che non ci fossimo voluti sciroppare una mezz'oretta di passeggiata,
zaino in spalla, per raggiungere il parco cittadino ! L'hospedaje
dove abbiamo intenzione di andare, consigliatoci dall'amico Mirco, è
sconosciuto al tassista, ma con le indicazioni che abbiamo e l'aiuto
della cartina della guida, lo troviamo lo stesso. L'Hostal
Clinica oltre ad essere recente, sorge dove prima c'era una clinica
dentale, anche se forse sarebbe più corretto dire : è una clinica
dentale... Ecco spiegato il perché del nome... La
signora Mercedes Gallo, che lo gestisce, in realtà è una dentista, ma
dato che la prevenzione dentale non è la prima prerogativa dei Nicas,
ha pensato bene, avendo spazio e possibilità, di trasformare il suo
studio/abitazione in uno hostal, dove accogliere i turisti. L'aspetto
è decisamente carino, soprattutto l'entrata, che si apre su un bel
soggiorno arredato con le immancabili sedie a dondolo, le "abuelite",
che in Nicaragua non mancano mai... Subito
dopo c'è la cucina, che può essere utilizzata e il frigo, quindi si
esce in una sorta di giardino, stretto e lungo, dove sulla sinistra sono
disposte le camere : 8 su due piani. Bagno
e doccia sono in comune e ce ne sono due; il lavandino con lo specchio e
il lavabo per lavare gli indumenti sono all'aperto. Al
centro del giardino, c'è un grande tavolo rettangolare con sei sedie e
tre amache, ambite e difficili da conquistare. Fortunatamente
c'è una stanza libera; la numero 4 al pian terreno : l'ultima in fondo
a sinistra... In
realtà è estremamente essenziale, con pareti in legno, due letti e una
grande mensola anch'essa in legno... Le reti sono lievemente sfondate,
ma i lenzuoli, puliti, come del resto la camera stessa... Il
costo è 50 C$ a testa : accettiamo al volo... Mercedes,
che ha iniziato da poco questa attività, sta cercando in tutti i modi
di farsi pubblicità e di arrivare ad essere menzionata sulle guide
normalmente utilizzate in viaggio (lonely planet, footprint, ecc.), in
modo da far decollare la sua nuova fonte di reddito. L'ambiente
è molto piacevole, soprattutto grazie hai suoi sforzi di far
socializzare tutti coloro che vi pernottano; cosa che rende l'ambiente
molto simile ad un ostello. Per
il momento la sua fortuna è il passa-parola tra viaggiatori, che sembra
cominciare a dare i suoi frutti, visto che le camere sono tutte piene ! L'aspetto
maggiormente positivo dell'hostal Clinica è sicuramente la posizione;
dista infatti una quadra, ovvero poche decine di metri, dal centro
cittadino, dove alle spalle del parco, si erge la maestosa cattedrale di
Leon. E'
il primo luogo che visitiamo e devo dire che è un bel vedere... La
cattedrale, la più grande del centro-america, è stupenda... Grande e
completamente bianca, si erge maestosa al centro della piazza e sotto il
sole appare ancora più grande di quanto sia in realtà. Il
suo interno è ben curato, pulito e ricco e l'altare non ha nulla da
invidiare alle maggiori chiese europee. Sul
lato destro, in fondo alla navata, sopra la grande statua di un leone
dall'espressione triste, si trova la tomba del poeta Ruben Dario, che
morì proprio a qui... Anche
il parco è ben curato e rappresenta il vero cuore della città; qui
infatti la sera si riunisce la gente, per mangiare nei comedor familiari
sul lato sinistro, per prendere un refrescos o solo per godersi un po'
di fresco, scambiando quattro chiacchere. La
fame si fa sentire, quindi seguiamo la strada alla destra della
cattedrale e circa alla fine della stessa, sul lato opposto, troviamo il
comedor "Buen Gusto", che Mercedes ci ha consigliato... Entriamo
attraverso un'enorme porta di legno ad arco e passiamo tra i tavoli,
dove la gente sta consumando il proprio pranzo, raggiungendo la cucina,
che si trova sulla sinistra. Qui, dentro le pentole, sono in vista le
pietanze del giorno tra cui scegliere e la cosa non è affatto facile,
dato che questo è il nostro primo pasto nicaraguense ed anche se
conosciamo i nomi di molte pietanze, ancora non sappiamo associarvi
l'aspetto... Guardo
attentamente, nei tegami..., scruto quello che sceglie Michele e visto
che ha un buon aspetto, lo prendo anche io, cambiando solo il pollo con
le polpette di carne. In
sostanza il piatto, che viene servito unico, comprende, riso e fagioli
neri (il famoso “gallo pinto”), le polpette di carne e un'insalata
fredda di juca e patate. Da
bere scelgo uno dei famosi refrescos all'arancia : un grosso bicchiere
di succo d'arancia, con ghiaccio e acqua. La guida sul Nicaragua di
"Scozzari", l'unica disponibile in Italiano, per altro fata
molto bene a mio parere, li sconsiglia, per paura che il ghiaccio non
sia "purificado", ma mi sembra un eccesso di cautela, visto
che li bevono tutti... Sicuramente,
non berrei mai quelli che vendono sugli autobus..., ma quelli presi nei
vari locali, bar e comedor durante tutto il mio soggiorno, oltre che
deliziosi, si sono rivelati innocui e molto dissetanti. Una
volta ultimato l'ordine, ritirato il piatto e la mia bevanda, mi giro
alla mia destra, dove un bella signorotta seduta ad un tavolo di legno,
mi fa il conto : 21 C$, ovvero poco più di un euro ! Questo
è quello che in media si spende in tutti i comedor familiari, dove
guarda caso vanno a mangiare anche i Nicas; quindi se si vuole consumare
un buon pranzo abbondante, risparmiando, il primo luogo in cui entrare
è un comedor... Torniamo
nella sala adiacente e prendiamo posto in uno dei tavoli, con tutti gli
altri, consumando il nostro primo pasto Nica. Riprendiamo
quindi il giro della città : alla sinistra della cattedrale,
sull'edificio dall'altro lato della strada, c'è un'enorme murales, che
ricorda i martiri della rivoluzione sandinista, che proprio da Leon
prese il via... Questo
suo connotato storico, è, a ragione, motivo di orgoglio e sembra quasi
percepirsi nell'aria. Di
fronte al murales, si trova il cafè "El Sieste", un locale
dall'aspetto moderno e nuovo, dotato di vari computer per poter
connettersi a internet. I prezzi sono accessibili : 15 C$, 30 minuti e
la connessione è abbastanza veloce. Sempre
sulla piazza ma dalla parte opposta si trova il "Telcor",
l'ufficio della compagnia telefonica nicaraguense, da dove è possibile
effettuare chiamate internazionali. Dato
che non abbiamo avuto ancora modo di dare nostre notizie, ne
approfittiamo ed entriamo. L'impiegato
ci domanda dove vogliamo chiamare e ci chiede il numero che intendiamo
raggiungere. Tempo minimo della chiamata : 3 minuti. Praticamente loro
chiamano il numero e quando sono in linea, si viene indirizzati in una
cabina; una volta alzato il ricevitore, il proprio interlocutore è già
in comunicazione. Prezzo
dei tre minuti di conversazione : 115 C$, ovvero l'equivalente di quasi
8 euro ! Una vera e propria esagerazione, uno scippo, in cui non
incorreremo più... Alternativa
al Telcor, sono i telefoni pubblici a scheda, molto diffusi, ma il cui
costo è solo lievemente inferiore. Le targhette telefoniche si trovano
il tutte le "pulperie" o farmacie, che qui vendono un po' di
tutto e se si vuole chiamare in Europa, bisogna comprare quella da 100
C$. Visto
il costo, di telefonate ne farò soltanto un'altra, prima della
partenza; per il resto del viaggio, comunicherò via e-mail o SMS
tramite internet, visto che è molto diffuso e ha costi più accessibili
! Alle
spalle della basilica, c'è il mercato di Leon, non grandissimo, ma
caotico come tutti i mercati. All'interno vendono frutta e qualsiasi
altro genere alimentare e non, mentre all'esterno e lungo tutto il suo
perimetro ci sono i "comedor". Nel
pomeriggio giriamo per la città, apprezzandone lo stile coloniale e le
moltissime chiese, che sono ben tenute. Tutte
le case sono dipinte con i più sgargianti colori pastello, anche se
molte sono un pò lasciate andare. E'
un'atmosfera particolare..., decadente, che ha un fascino tutto suo e
rende l'ambiente molto accattivante. La
sera il parco si popola di persone e la cattedrale, illuminata si mostra
in tutta la sua bellezza. L'aria
è fresca, la gente gentile, il brusio delle chiacchere echeggia tutto
intorno e dall'interno della cattedrale, le cui enormi porte di legno
sono aperte si odono i canti liturgici della messa. Qui
la piazza ha ancora quel valore di aggregazione, che alle nostre
latitudini si è andato perdendo; ha un valore sociale forte, come
quello che assolveva l'antica agorà greca. La
attraversiamo lentamente, godendoci l'atmosfera, quindi proseguiamo
verso il mercato e oltre per almeno due quadre, sino a raggiungere la
"seconda avenida Noreste" dove si trova il "Via
Via", locale molto famoso tra i viaggiatori, in quanto ne è un
punto di ritrovo, segnalato su tutte le guide. Vi
si possono ottenere informazioni e prenotare tutti i tour che è
possibile fare nei dintorni di Leon, riuscendo magari ad aggregarsi con
altre persone che vogliono fare la stessa escursione, raggiungendo così
un duplice scopo : formare un gruppo abbastanza numeroso, che consenta
l'escursione, e, non meno importante, risparmiare qualcosa. Disponibile
inoltre il servizio lavanderia e il noleggio biciclette. Ci
sono diversi tavolini, molti viaggiatori seduti e l'aspetto è più
quello di un ostello, che quello di un locale ! E in effetti offre anche
da dormire : 45 C$ il dormitorio, 100 C$ la singola e 130 C$ la doppia.
S nonchè un servizio lavenderia Comunque
ne approfittiamo per sorseggiare una bella "Toña" ! Piccola
parentesi sulle birre; in Nicaragua ce ne sono solo due tipi : la
"Tona" e la "Victoria". Entrambe
sono chiare e con poco malto, quindi molto leggere; il sapore è
pressappoco simile, ma forse la "Victoria" è lievemente più
forte e gradevole al palato. Nelle
vicinanze, c'è un'altro locale abbastanza noto : il "Camaleon",
gestito da italiani, dove è possibile mangiare spaghetti, per i
nostalgici della cucina di casa ! La
cucina Nicas, comunque, non è affatto male : anche se povera, ha piatti
abbondanti e gustosi. Normalmente la portata principale, che può essere
pesce o carne e in questo caso, normalmente si tratta di pollo, è
accompagnato da riso e frijoles, i buonissimi fagioli neri, insalata o
tostones (platano fritto, che prende il nome ti tajadas, se invece di
essere a forma di piccola polpetta schiacciata, viene affettato). Io
sinceramente mi sono trovato molto bene sotto il profilo culinario e ho
mangiato quasi sempre pesce..., non disdegnando diverse mattine il
notissimo "gallo pinto", piatto tipico della cucina nicas.
Servito come "desajuno" (...a colazione) é costituito da riso
saltato con i frijoles, due uovos rivoltos e tostones... Ritornando
verso la piazza, ci imbattiamo in una sorta di rosticceria, "Pollos
Brosteados" in Plaza Metropolitana, dove cucinano il pollo (1/4 di
pollo, 30 C$ - mezzo pollo, 55 C$). La fame c'è, quindi ci sediamo e ne
ordiniamo mezzo ciascuno, accompagnato da una "rojita", bibita
molto diffusa dal colore porpora, che a me non è piaciuta per nulla !
Ha infatti un sapore dolciastro, che è una via di mezzo tra il
caramello e il "broncomucil", lo sciroppo per la tosse che mi
toccava da bambino ! Anche
il pollo non è la fine del mondo per sapore e porzione, ma ci riempie
lo stomaco, consentendoci di andare a letto soddisfatti. 10
Gennaio 2003 – Leon, Poneloya e Las Penitas, Leon. (
40 km. in bus ) Primo
giorno al mare ! Destinazione Poneloya e Las Penitas, località sul
Pacifico a Nord di Leon. Raggiungiamo
il mercato, stando sul lato destro della cattedrale (primera calle Sur)
e prendiamo un collectivos per il "mercadito di Subtiava", da
dove parte il bus per Poneloya. A
Leon i collectivos, sono costituiti da piccoli camioncini il cui pianale
è destinato al trasporto di persone, alcune sedute, sulle due panche di
legno ai lati e molte altre in piedi... Fungono da veri e propri bus e
sono molto usati dalla popolazione locale, tanto che non è infrequente
vederne pieni all'inverosimile... Passano
solo cinque minuti ed eccone arrivare uno che va nella nostra direzione;
saliamo e fortunatamente troviamo anche posto a sedere; chi l'avrebbe
mai detto ! Il
tratto di strada sino al "mercadito" è relativamente breve :
15 minuti, tra fermate continue per caricare e scaricare gente al volo,
per una spesa di 2 C$. Scendiamo
proprio di fronte al "mercadito", una sorta di mercato
rionale, che non ha nulla da invidiare per merce a quello più grande di
Leon. Sullo
spiazzo sterrato di fronte, è parcheggiato il bus per Poneloya; non il
classico scuola-bus americano, stile anni settanta adibito a mezzo di
trasporto pubblico, ma un vero e proprio torpedone ! Saliamo
e prendiamo posto, insieme a molti altri Nicas, che vanno a passare una
giornata al mare. Dopo
circa mezz'ora, il bus lascia il "mercadito" : Poneloya,
stiamo arrivando ! Il
viaggio dura circa 45 minuti (costo 6 C$), nella quale attraversiamo una
regione brulla, con grandi campi dai confini ben marcati col filo
spinato, caratterizzati dalla presenza di numerose piante di mango, con
molti frutti. Il
colore predominante è il giallo, quello dell'erba seccata al sole e in
alcuni tratti il nero, dove l'erba di cui sopra, è stata bruciata per
rendere più fertile la terra. Il
bus termina la sua corsa all'inizio della spiaggia di Poneloya, dopo
aver attraversato l'intero paese. Case chiuse, pochissima gente per
strada : Poneloya mi appare come la città fantasma di molti film
westner, sotto il caldo sole delle 11.00. Le abitazioni sono infatti di
persone che vivono a Leon e che tornano qui soltanto durante le vacanze,
soprattutto nella settimana santa. Scendiamo
e andiamo verso il mare. Sulla destra c'è una piccola laguna e un
enorme cartello; avvisa i bagnati che in caso di "sisma"
devono uscire immediatamente dall'acqua e aspettare sulla spiaggia i
soccorsi ! Prendiamo
verso sinistra e dopo una cinquantina di metri siamo sulla spiaggia di
Poneloya : di fronte ho il Pacifico. La
spiaggia è lunghissima e larghissima; la sabbia, scura e granulosa. Il
mare ha un profondo colore blu, che lo fa apparire quasi nero e ampie
onde regolari, che si susseguono lente. La
risaliamo per intero, sino a raggiungere la "Peña del Tigre"
(scoglio della tigre), che separa la spiaggia di Poneloya da quella di
Las Penitas; sulla sinistra, sorge l'hotel Lacayo, facilmente
distinguibile dal colore verde chiaro; segnalato sulle guide, mi appare
molto spartano e fatiscente. Oltre
gli scogli, sulla cui sommità è posta una grande croce bianca, inizia
la spiaggia di Las Penitas, che prosegue verso sud a perdita d'occhio. Unico
carattere distintivo tra le due, è il mare : molto più agitato e
pericoloso sul lato di Las Penitas, perché più frastagliato. Subito
sulla sinistra, su una piccola stradina sterrata, ci sono due locali,
che si fronteggiano : un bar, il "Don Toño", a ridosso della
strada principale e un ristorante, il "Caceres", a ridosso
della spiaggia. Per
prima cosa andiamo al bar, dall'aspetto molto carino, con una sorta di
terrazza, delimitata da un parapetto di bambù, sotto un gazebo,
ricavato con foglie secche di palma. Qui ci dissetiamo con una fresca
coca-colita (10 C$) e dopo 10 minuti di riposo all'ombra, allietati da
una leggera brezza, ritorniamo sulla spiaggia. Per
la prima esposizione al sole nicaraguense... Quella che al bar era una
lieve brezza, sulla spiaggia è un bel venticello, che soffia continuo,
attutendo il calore del sole, che quasi non sembra scaldare la mia
pellaccia bianca... La cosa è alquanto preoccupante, anche se sono
dotato di abbronzante, fattore di protezione 12, cosa per me non
abituale ! Per
non rischiare scomode scottature, che possano pregiudicare il resto del
viaggio, restiamo al sole un paio di orette, quindi un bagno nel
Pacifico, che ha più il sapore di una toccata e fuga, per togliersi di
dosso, sabbia e crema; entro infatti nell'acqua solo sino al ginocchio e
già così la corrente si fa sentire... Anche
lo stomaco ha qualcosa da dire, così prendiamo posto nel ristorante
"Caceres". La
struttura principale è costituita da una grande tettoia di foglie di
palma, dove però non si gode la
frescura del vento e la vista del mare; molto meglio i tavolini sotto i
quattro gazebo esterni, proprio a due passi dalla spiaggia... Siamo
fortunati e mentre aspettiamo il pranzo uno di questi si libera. Non
aspettavamo altro : ci spostiamo immediatamente ! Prima
che il nostro "pargo blanco" sia pronto trascorrono venti
minuti abbondanti : prova tangibile che il piatto è cucinato al momento
! Quello
che mi viene servito è proprio un bel "pescado" intero,
all'aglio. Unico errore non aver chiesto la salsa a parte, evitando che
il pesce ne fosse cosparso... Anche
così però il sapore è ottimo e il piatto, che comprende anche riso e
tostones, mette a tacere il borbottio del mio stomaco... Il prezzo
irrisorio : pescado, birre e bibite, 70 C$ ! Torniamo
ancora sulla spiaggia per circa un'ora, quindi verso le 17.00 ci
appostiamo sul ciglio della strada principale in attesa del pullman. Come
sempre l'orario dei mezzi è all'insegna del "cerca", avverbio
molto usato che esprime un'unità di misura che varia da 0 a infinito... Approfittiamo
del vicino bar e inganniamo l'attesa sorseggiando una Toña e scambiando
quattro chiacchere col ragazzo che ce la serve. Verso
le 17.30 ecco il pullman ! Saliamo subito, anche se di fatto potremmo
aspettare che ritorni da Las Peñitas. Tuttavia salire subito consente
una maggiore possibilità di trovare posto a sedere... Il
viaggio di ritorno mi sembra un pò più lungo, ma forse è solo la
stanchezza e l'imbrunire a determinare questa percezione. Quando
arriviamo al "mercadito" è già buio ! Fortunatamente
troviamo subito una "buseta" per il centro e in pochi minuti
raggiungiamo l'Hostal Clinica. Doccia
rigeneratrice e via a fare un giro per Leon. La mamma di Maria ci
consiglia di andare a teatro, dove dovrebbe esserci uno spettacolo
musicale gratuito : la notizia è veritiera, ma la musica è quella
"classica" ! Molto
meglio andare nel locale di fronte e sorseggiare una fresca Toña sulle
note di un gruppo spagnolo, a noi sconosciuto. Proseguiamo
il nostro giro, ritrovandoci in piazza. E' molto ventilata e forse anche
per questo affollata di persone. Il brusio della gente si confonde con
il canto che proviene dalla basilica, dove si sta svolgendo la messa e
con gli odori di carne alla griglia, che sale dai comedor di strada. Approfittiamo
dei computer del "El Sieste" per comunicare con casa, quindi
"regressamos" all'hostal, dove conosciamo Fabrizio e Serena.
Italiano lui, messicana lei, stanno compiendo un viaggio affascinante :
sono partiti da Città del Messico e vogliono raggiungere Bogotà ! Forse
li rincontreremo durante il nostro viaggio, visto che i nostri itinerari
si assomigliano... 11 Gennaio 2003 – Leon, Managua, Pochomil ( 155 Km. )Lasciamo
l'hostal alle 07.00 del mattino, dopo essere stati calorosamente
salutati da Maria e aver promesso di far pubblicità alla sua nuova
attività... Una
volta in piazza bastano pochi minuti e un semplice gesto con la mano,
per trovare un taxi che, per la cifra sindacale di 15 C$, ci conduce al
terminal... Qui
ancora una volta siamo fortunati o tempestivi e troviamo in partenza il
bus espresso per Managua (che "sale" alle 07.30...) : costo,
15 C$. Il
viaggio ricalca lo stesso percorso dell'andata, tormentato per i lavori
di pavimentazione per 2/3, quindi in buono stato in prossimità della
capitale. In 2 ore e 10 minuti siamo a Managua, che ancora una volta mi
si paventa squallida, sporca precaria e fatiscente... Anche
qui colpo di fortuna (...o soltanto programmazione dei trasporti
pubblici ?) : troviamo in partenza il bus per Pochomil. Cambio volante e
alle 9.58 lasciamo il terminal, che avevamo appena raggiunto ! Prima
di incanalarci sulla strada principale, il bus arranca nel traffico del
terminal e nel corridoio del bus è un continuo andare e venire di
persone, che vendono qualcosa. Ti
offrono di tutto, acqua, dentro sacchetti di plastica azzurri, che
riportano scritto in evidenza che è trattata a raggi ultravioletti,
cibo di ogni genere, cicche e caramelle, frutta oppure, ma questo è un
fatto molto raro, chiedono l'elemosina. Caratteristico
é l'abbigliamento delle donne; indossano infatti, un tradizionale
grembiule bianco, ricamato con delle enormi tasche sul davanti, dove
ripongono i soldi. Particolarmente
duro invece da "sopportare" lo sguardo dolce dei bambini,
vestiti di stracci, che ti offrono caramelle, noccioline, cicche... :
"enpasse" duro da sopportare per chi, come noi non sa cosa
vuol dire miseria e fame... Questa
è solo un'istantanea di un paese povero..., che paga le traversie di
una dittatura senza pregiudizi e di una guerra aspra e dura, voluta
dalla CIA, che sovvenzionava "la contra", un esercito di
mercenari, che costrinse i Nicas a combattere per molti anni, solo per
affermare e difendere la loro identità. Un
paese tornato alla vita solo da pochi anni, grazie soprattutto
all'avvento di "Violeta". Penso che questo sia lo stesso
scenario di cui furono testimoni i nostri genitori nel primo dopoguerra
in Italia : voglia di rinascita ! Il
pullman è pieno e per un lungo tratto, prima di lasciare Managua,
continua a caricare persone... Il
viaggio dura circa 2 ore : costo 10 C$.Da Managua raggiungiamo El
Crucero, quindi verso il mare, passando per San Rafael del Sur, paese
fatto di baracche di lamiera e strade sterrate, che mi mostra nuovamente
il Nicaragua povero... A
Masachapa, lasciamo il pullman e saliamo "al volo" su un
furgone, che ci lascia direttamente sulla piazza di Pochomil : uno
spiazzo circolare con qualche comedor e una "pulperia". Immediatamente
veniamo "assaliti" dai vari proprietari dei locali, che
cercano di convincerci a turno a sederci per mangiare o ci offrono le
loro sistemazioni. Noi
rifiutiamo con garbo e andando verso sinistra, ci dirigiamo all'Hotel
Altamar, segnalato sulla guida e consigliatoci da Claudio. L'aspetto
non è entusiasmante, come del resto la camera, ma accettiamo la
sistemazione. La
camera, essenziale, si compone di due letti e un comodino, è sul retro
e senza bagno ! Quest'ultimo
particolare è trascurabile, visto che non c'è acqua corrente (a causa
della rottura della pompa, ci viene detto...) e comunque per lavarsi,
bisogna andare ad attingela al pozzo ! Costo,
un pò caro per quanto offerto, 130 C$ (la camera con bagno, 150 C$). Il
bagno in comune è precario, ma neanche tanto male, la doccia quasi
irreale...! Il
ristorante dell'hotel, invece è molto carino, ricavato su una terrazza
che da sulla sottostante spiaggia, con tavoli tutti a vista, amache e un
buon servizio. Il
cibo è buono, abbondante, ma leggermente caro per la media del paese ed
inoltre sul conto viene applicata la maggiorazione del 10%. Prendo
un filete (100 C$) e una Toña (20 C$) e rimango molto soddisfatto, per
quantità e qualità. Dalla
terrazza, parte la scalinata che conduce alla spiaggia. Quest'ultima è
veramente particolare, lunghissima e larghissima a causa della bassa
marea, costituita da sabbia beige e battuta continuamente dal vento
(...fenomeno presente solo a Gennaio !). Stare sdraiati sul telo è
un'impresa titanica; in pochi minuti si diventa dei sofficini... Molto
meglio prendere posto in un "ranchito", una sorta di capanna
con amache e tavolino, che costano 30 C$, se non si consuma nulla,
oppure il prezzo del pranzo e di tutto ciò che si ordina nella
giornata... I
prezzi sono migliori di quelli del ristornate (bibite 7,5 C$, birra 10
C$) e l'impatto scenico strepitoso... Di fronte all'oceano, dondolandosi
sull'amaca, si gusta la vita..., oltre ad una fresca Toña, ammirando un
bellissimo tramonto sul Pacifico. Calato
il sole, il buio arriva velocemente, quindi partiamo per un'altra
avventura : la doccia ! Andiamo
al pozzo e girando con una manovella, una ruota di bicicletta, che fa
ruotare una corda, che consente di attingere l'acqua, riempiamo un
secchio ciascuno; quindi prendiamo una piccola bacinella e andiamo nella
doccia comune. Questa
non ha porta..., o meglio c'è ma è fuori dai cardini, ed è presidiata
nella parte in cui non ci si lava da due guardiani d'eccezione : due
rospi ! A
sinistra c'è la doccia (non funzionante...) e qui si comincia con la
bacinella a bagnarsi con l'acqua del secchio, quindi insaponarsi e
infine sciacquarsi... Sembra
strano per chi come noi è abituato a stare in doccia 15/20 minuti,
senza mai interrompere il flusso d'acqua, ma questo è un ottimo modo
per garantire un risparmio idrico !!! Concludiamo
la sera, facendo un giro a Pochomil, che inizia e finisce nella piazza
in cui siamo arrivati nella mattinata... Appena
giriamo l'angolo, di nuovo veniamo chiamati a turno da tutti i
proprietari dei ristornati, che ci offrono i loro servigi... Ne
scegliamo uno a caso e ceniamo spendendo 50 C$ e parlando con il
proprietario, del Nicaragua, della sua storia recente e della situazione
attuale... I
"Nicas" sono persone gentilissime, cordiali e alla mano :
parlare con loro è un piacere e una delle cose che più mi ha colpito e
mi è piaciuta di questo splendido paese. 12 Gennaio 2003 - PochomilGiornata
di completo relax al sole sulla spiaggia di Pochomil. Anche
se è domenica e ci sono molte più persone di ieri, visto che nel
giorno di festa anche i Nicas si recano al mare, ci accaparriamo senza
fatica il miglior "ranchito" sulla parte di spiaggia di fronte
all'Hotel Altamar. Sono
circa le 10.00 quando ci sediamo al tavolino del "ranchito" e
pochi minuti dopo ecco comparire "Doña Adelia", con le
amache. Ci
chiede cosa vogliamo per colazione : "gallo pinto" e caffè
negro ! Passano solo 15 minuti e sto gustando il mio "desajuno"
nica all'ombra del "ranchito". Trascorriamo
l'intera giornata, dondolandoci sull'amaca e godendoci questa spiaggia
lambita dal placido Oceano Pacifico. Il
vento soffia ad intermittenza e ogni tanto, quando è più intenso,
qualche folata di sabbia mi scuote la schiena. Molte
sono le persone che approfittano per fare i giri a cavallo lungo la
spiaggia e diverse volte anche a noi ci chiedono se vogliamo farlo...;
rispondo sempre con un sintetico "no, gracias" e un sorriso e
altrettanto ottengo dal mio interlocutore. La
bassa marea, rende la spiaggia larghissima e sullo specchio d'acqua che
precede il mare, si riflettono il cielo e le nuvole, creando un'immagine
speculare davvero affascinante. Verso
le 17.00 la fame ci impone un buon pasto, così ordiniamo del pesce :
scelgo un filete, Michele un pargo, ma chiediamo che ci venga servito
nei ranchiti più interni, per evitare di mangiare con uno scomodo
contorno di sabbia. "Doña"
Adelia prende l'ordinazione e svanisce per quasi un'ora ! Sicuramente
sarà andata prima a comprare quello che le abbiamo chiesto, quindi
l'avrà cucinato e finalmente, quando tutto è pronto ci chiama... La
fame intanto è aumentata, e vedere l'abbondante filetto di pesce che
riempie il mio piatto accompagnato da tostones, riso e fagioli neri è
gioia per lo stomaco e immediatamente dopo per il palato ! Tutto
è gustoso e ben cucinato, il costo irrisorio : 80 C$ !!! Mi
colpisce, visto che me la trovo di fronte a poche decine di metri, la
capanna in cui vive Adelia; praticamente sulla sabbia, è una
costruzione di legno, lamiera e plastica, con solo una piccola luce al
centro... Essenziale non definisce in modo esatto questa abitazione, ne
lo stato d'animo che mi crea il vederla... Difficile da spiegare a
parole e tanto meno da accettare per chi, come me non ha mai avuto sotto
gli occhi una simile realtà. Il
pasto, accompagnato da un paio di Toña, mi riempie per benino, così
soddisfatto mi ri-adagio sull'amaca del "ranchito" e mi godo
il tramonto che mi si propone. I
colori sono forti e intensi, il cielo diventa di un rosso vivace, per
poi lentamente affievolirsi e ammorbidirsi, trasformarsi in un tenue
viola, mentre il sole sparisce nel mare. Poi velocemente la luce perde
intensità e in pochi minuti arriva il buio. Risaliamo
la scalinata che porta all'Altamar, un ultimo sguardo alla spiaggia di
Pochomil, quindi via al pozzo per prendere l'acqua con cui fare la
doccia. Anche
se siamo sazi del pranzo di metà pomeriggio, raggiungiamo comunque la
piccola piazza del paese, per bere una birra e passare la serata. Ci
sediamo in uno dei bar e mentre sorseggiamo una Toña, scambiamo quattro
chiacchere con i proprietari, mentre dal loro stereo si diffondono
nell'aria canzoni a me note e un pò datate : si passa infatti, da
"Gloria" di Tozzi a "Self Control" di Raf ! Poi
un episodio che mi fa credere di trovarmi in un altro tempo : un uomo
arriva a cavallo, scende, lega le redini ad un corrimano, quindi si
dirige verso la "pulperia" dall'altra parte della piazza... Al
momento e in quel luogo, tutto sembra normale, ma a ripensarci mi appare
incredibile : qui il cavallo è ancora un mezzo di trasporto !
Affascinante e particolare al tempo stesso ! Prima
di fare ritorno alla nostra camera, passiamo dalla "pulperia"
e sorseggiando un'altra Toña, discutiamo con il gerente, un simpatico e
cordiale ragazzo. Parliamo
soprattutto del turismo, di come Pochomil debba migliorare e in che
cosa, per potersi sviluppare e apprendiamo che sono molti gli italiani
che, soprattutto in estate, capitano da queste parti : chi l'avrebbe mai
detto ! Chiedo
il costo del ron "Flor de Caña Centenario" invecchiato 12
anni, che dovrebbe essere il migliore : 140 C$. Sono
tentato di prenderlo, ma poi rinuncio, visto che il viaggio è ancora
lungo e dovrei portarmelo in giro nello zaino per troppi giorni, prima
di "regressar"...; lo comprerò più avanti, sperando di
trovarlo a questo prezzo, che mi sembrava ottimo. 13 Gennaio 2003 – Pochomil, Jinotepe, Granada ( 70 km. in bus )Ci
svegliamo prestissimo, in modo da poter prendere il primo bus della
mattina e già alle 06.00 siamo con i nostri zaini sulla piazza di
Pochomil, seduti su un muretto in attesa. La
piccola piazza è deserta, i bar sono tutti chiusi, la temperatura è
piacevole. Osservo
quello che ho di fronte e mi sembra di trovarmi sul set cinematografico
di un film westner... Alle
06.15 arriva anticipato da fragorose e lunghe stronbazzate di clacson il
bus per Managua, sul quale saliamo insieme a poche altre persone. Come
consuetudine l'autista continua a suonare il clacson per avvisare che
sta partendo e percorre a passo d'uomo la strada che lo allontana dalla
piazza di Pochomil. Dalle
case sul ciglio della strada altre persone salgono sulla "buseta"
e sino a che non si lascia definitivamente il centro abitato, è un
continuo fermarsi a raccogliere passeggeri. Nostra
destinazione non è ovviamente la capitale, dove è perfettamente
inutile ritornare : scenderemo invece a "El Crucero", da dove
via Jinotepe, raggiungeremo Granada. Il
bus impiega circa un'ora per raggiungere la piccola cittadina di "El
Crucero", arrancando a fatica sulla collina che la precede. Costo
del biglietto : 10 C$. Scendiamo
e attraversata la strada chiediamo informazioni su come e dove poter
prendere un mezzo che ci porti a Jinotepe. Soffia un vento forte e
l'aria è frizzante, strano ma vero, ho quasi freddo ! Neanche
il tempo di ricevere la risposta alla nostra domanda, che ci indicano un
piccolo monovolume, un colectivos, che giunge in senso opposto ed è
diretto a Jinotepe : saliamo e in 20 minuti siamo a destinazione, per 10
C$. Ci
lasciano di fronte al parco cittadino e percorriamo a piedi due quadre
prima di raggiungere il terminal dei bus. Qui saliamo sul primo in
partenza per Nandaime, che ci lascerà all'incrocio con la strada che
proviene da Rivas, dove prenderemo un altro bus per Granada : al
momento, non ci sono infatti bus diretti per la nostra destinazione o
per lo meno così ci dicono... In
circa quindici minuti e per 5 C$ si raggiunge l'incrocio; quindi appena
scesi, praticamente veniamo trasbordati sul bus che, proviene da Rivas
in senso opposto e aspetta sul ciglio della strada prima di proseguire
verso Granada. E' pieno, dobbiamo stare in piedi nel corridoio e gli
zaini finiscono sul tetto del mezzo. Forse
per questo, il viaggio sino a Granada (6 C$) mi sembra molto più lungo
della mezz'ora che impieghiamo a giungere al terminal cittadino dei bus
provenienti da Rivas ! Quest'ultimo
è relativamente piccolo e si trova all'inizio di "Calle del
Comercio", lungo la quale si sviluppa il mercato. La
percorriamo praticamente tutta, camminando sulla strada, visto che le
bancherelle occupano il marciapiede, sul quale risalgo ogni qualvolta
incrocio un'auto o un bus. La
città è viva, brulicante di gente e mi fa subito una bella impressione
: colorata, affascinate e caratteristica. Dopo
4 quadre e mezzo, sulla destra troviamo "El Parque Central"
con la cattedrale : vero cuore della città. E' molto ben curato e anche
qui c'è moltissima gente. Ci
sentiamo chiamare : sono Fabrizio e Serena, conosciuti a Leon, che
stanno andando Masaya e ci dicono di essere all'Hospedaje Cocibolca,
proprio dove abbiamo intenzione di andare anche noi... Ci
diamo appuntamento per la sera e ci incamminiamo verso il "Cocobolca".
Raggiungerlo è agevole : attraversiamo il parco e imbocchiamo, a
sinistra della cattedrale, "Calle la Calzada", che porta al
lago : poche centinaia di metri e lo troviamo sul lato destro della
strada, dopo l'Hospedaje Central e la Pizzeria Don Luca. Mi
fa subito un'ottima impressione : l'entrata si apre su una sorta di
salone, dove si trova la TV con di fronte le immancabili sedie a
dondolo, tre postazioni intenet, e diversi tavoli, dove poter sedersi a
mangiare, quello che si ordina, oppure quello che ci si cucina
autonomamente, visto che l'utilizzo della cucina è gratuito e compreso
nel prezzo ! Siamo
fortunati e troviamo una stanza, che si sta per liberare ! Dobbiamo
aspettare solo qualche minuto, perché la puliscano. Ne approfitto per
comunicare con casa via internet e per fare colazione con un buon
"gallo pinto". Le
stanze sono disposte su due piani : sicuramente quelle al piano
superiore sono migliori, perché più arieggiate e meglio rifinite,
rispetto a quelle al piano terra. Purtroppo la nostra è a piano terra ! Non
è particolarmente bella, ma pulita, essenziale, dignitosa e spaziosa e
con un bagno grande. La doccia è fredda ! Costo : 12 $ a notte, ovvero
180 C$. Incredibilmente
alla mano il proprietario : Carlos, che ha molta simpatia per gli
italiani, visto che è stato nel nostro paese grazie allo scomparso
partito comunista italiano. Una
persona particolare, che rispecchia la positiva impressione che i "Nicas"
mi hanno lasciato nel cuore : sembra che vi conosca da una vita e vi
tratta come tali, con amicizia... Appena
preso possesso della stanza, doccia veloce e subito fuori alla scoperta
della città. Ritorniamo
al parco centrale, ripercorrendo a ritroso "Calle la Calzada"
: dalla parte opposta alla cattedrale, c'è la banca, sotto il portico,
dove si trova anche l'Hotel Alambra, il più bello di Granada. Approfittiamo
per cambiare un pò di dollari in cordobas e l'operazione risulta molto
più veloce di quanto mi aspettassi... Quindi
imbocchiamo "Calle Real Xalteva" e cominciamo a risalirla.
Granada è veramente molto bella, curata, affascinante con tutte le sue
case in stile coloniale, dai più sgargianti colori pastello : azzurro,
giallo, rosa... Sulla
destra, dopo una quadra, troviamo la chiesa della Merced, in
ristrutturazione : il campanile è stato rimesso a nuovo ed ha un bel
colore rosa, la parte centrale della chiesa invece è ancora annerita e
sembra quasi decadente, ma così è molto più affascinante, a mio modo
di vedere... Altre
due quadre e dopo un piccolo parco molto carino, ecco la chiesa di
Xalteva, anch'essa molto bella. Prima
di raggiungerla, mentre camminiamo sul lato sinistro del marciapiede, ci
cade l'occhio all'interno di una casa : la proprietaria, che è sulla
porta, vista la nostra curiosità, ci invita molto cordialmente ad
entrare, mostrandoci con orgoglio il salone, che si apre subito dietro
il grande portale di legno, che da sulla strada. Particolare e
caratteristico con le immancabili sedie a dondolo, in questo caso di
vimini e oltre, un patio interno con un bel giardino. Restiamo un
momento a parlare e sono affascinato dalla cordialità e gentilezza
della signora, che devo dire essere comune a tutto il popolo "nica",
al pari della fierezza e dell'amore per il loro paese. Riprendiamo
il nostro cammino, ridiscendendo verso il parco dalla parallela a
"Calle Real Xaltera", che ripropone il carattere coloniale
della "Gran Sultana" : soprannome con cui è nota Granada e
per nulla enfatico ! A una quadra dal parco, sulla sinistra ci
imbattiamo nel museo di arte nicaraguense, dove, per 15 C$, entriamo.
Non è nulla di particolare, ma è molto bella la casa nel quale è
ospitato, con un bel giardino centrale, ornato da statue in pietra. Mezz'ora
per visitarlo tutto, quindi ci ritroviamo nel parco. E' veramente molto
carino e ben curato con al centro una fontana e un patio e nel verde,
diversi bar, che offrono ottimi refrescos natural. Sul lato opposto alla
bianca cattedrale, di fronte al portico, in fila ci sono i calessi, non
solo attrazione per i turisti, ma anche e soprattutto mezzi di
trasporto. Sotto
il portico, oltre alla banca e all'Hotel Alambra, c'è anche un negozio
di souvenire, il "Chichitepec", ottimo per acquistare
cartoline e francobolli, nonché per inviarle senza necessariamente
andare al Correos cittadino. Le cartoline arrivano : dopo un mese e
mezzo, ma arrivano ! Per
quel che riguarda l'oggettistica invece è più conveniente comprare
l'artigianato al mercato nuovo di Masaya ! Il
parco brulica di persone, ci sono moltissimi bambini, che attorniano i
turisti elemosinando 1 C$..., ma non sono oppressivi e stressanti..., lo
fanno col sorriso e con gentilezza... Se
si resiste a questo colpo psicologico, passare un pò di tempo all'ombra
del parco, seduti ad un chiosco, sorseggiando un dissetante refrescos al
mandarino, è qualcosa di particolare... A
sinistra del parco, c'è una piccola piazza con il monumento ai caduti.
Su un lato di questa si trova un bel portico di legno sotto il quale c'è
un piccolo ristorante, dalla parte opposta, la compagnia telefonica (i
cui costi sono proibitivi come a Leon : 115 C$ per 3 minuti di
conversazione). Dopo
aver bevuto una fresca toña, riprendiamo il nostro giro : seguendo
"Calle la Calzada" raggiungiamo il Lago Cocibolca, il più
grande lago del centro america. Sembra
un vero e proprio mare, con tanto di onde ed ha un colore scuro, quasi
nero. Per
raggiungerlo bisogna fare una passeggiata di 10 minuti e prima di
arrivare al piccolo porto di Granada, sulla sinistra si trova la bella
chiesa di Guadalupe. Di
fianco al porto, alle spalle della piazza, c'è un piccolo "mirador",
che si affaccia sul lago : sulla destra lungo la strada che fronteggia
il "malecon", diversi ristoranti e all'orizzonte le prime,
delle 360 "isletas de Granada". Per
poterle visitare è necessario prendere una lancia : se siete
interessati, parlate con Carlos, che vi saprà indirizzare e/o mettervi
in contatto con qualcuno che vi porti tra questi minuscoli atolli
vulcanici pieni di vegetazione. Nuvole
di moschitos, si alzano in volo e anche se sono disturbati dal vento che
soffia sulla sponda del lago, qualche puntura la sento ! Meglio
ritornare verso l'interno : così percorriamo di nuovo "Calle la
Calzada" e ritorniamo al parco, prendendo posto ai tavolini di un
chiosco, dove un bel refrescos non è per nulla male. Di
fronte a me due lucida scarpe, con la loro scatola e postazione : questa
è ancora un'attività in Nicaragua e diverse persone ne approfittano
!Riprendiamo il nostro cammino ritornando all'interno lungo la strada a
destra del parco, sulla quale si trova l'Hotel Colonial, bello ed
elegante e subito dopo, all'angolo con "Calle Atravezada",
l'ufficio postale. Seguiamo
a destra "Calle Atravezada" e dopo poco, sul lato sinistro
siamo attratti da un simpatico bar : il "Flamingo", dove ci
sediamo nuovamente. La
coppia nica di fianco al nostro tavolo ordina da mangiare un piatto
dall'aspetto veramente interessante. Chiediamo cosa sia : un piatto
nazionale nicaraguense a base di carne, molto abbondante... A cucinarlo
però, non è il bar, ma il ristorante di fronte : "El Colonial".
Non abbiamo dubbi : questa sera si cena qui ! Torniamo
all'Hospedaje Cocibolca, dove ritroviamo Fabrizio e Serena e ci diamo
appuntamento per la cena. L'idea
è quella di farsi una bella doccia : unico problema, manca l'acqua !
Fortunatamente è un inconveniente momentaneo e dopo mezz'oretta
riusciamo nel nostro intento... Mentre
aspettiamo i nostri nuovi amici, prendiamo un aperitivo nel locale di
fronte al "Cocibolca" : il jazz bar "El Matchico",
un locale molto carino, arredato con intelligente ingegnosità ! Quando
scorgiamo Fabrizio e Serena sulla porta del "Cocibolca",
attraversiamo la strada e una volta che a noi si unisce anche Marcus,
ragazzo inglese che hanno conosciuto durante la giornata, siamo pronti
per la cena. Raggiungiamo
il ristorante "El Colonial" e ordiniamo tre piatti nazionali
nicaraguensi. Purtroppo "el sabor" non si rivela all'altezza
dell'entusiasmo che il colpo d'occhio ci aveva generato ! Il
piatto si rivela infatti, un'accozzaglia di pezzetti di carne fritti,
accompagnati da crema di fagioli e insalata... Niente
di trascendentale..., ma in compagnia e con l'aiuto di quattro bottiglie
di Toña da litro, la cena passa in secondo piano e trascorriamo
comunque una bella serata. 14
Gennaio 2003 – Granada, Volcan Masaya, Masaya, Santa Catarina, laguna
d'Apoyo, Granada. ( 70 Km. in bus ) Ci
alziamo prestissimo, visto che la giornata ha un programma molto ricco,
che inizia con la visita del Parco Nazionale del Vulcano Masaya. Per
raggiungerlo da Granada, dobbiamo prendere il bus per Managua e scendere
lungo la strada, all'entrata del parco. Come
prima cosa ci rechiamo a piedi al terminal dei bus per Managua, che si
trova dalla parte opposta della città : 5 cuadre oltre il parco e tre a
destra. Per
arrivarci ci impieghiamo una ventina di minuti e fortunatamente troviamo
un bus in partenza. Costo
del biglietto sino all'entrata del Parco Nazionale del Vulcano Masaya",
7 C$ e circa un'ora di viaggio. Il
bus ci lascia proprio di fronte all'entrata : attraversiamo la strada e
paghiamo il biglietto di ingresso, che per i turisti è di 60 C$. Con
noi entrano altri due italiani, padre e figlia, che ci accompagneranno
per l'intera escursione. La
ragazza è in vacanza; è infatti venuta a trovare il padre, che si è
stabilito qui da 8 mesi, aprendo una finca, "Lo Zopilote",
sull'isola di Ometepe ! La cosa ci interessa molto, visto che dovremo
andare sull'isola e prendiamo tutte le informazioni necessarie per
poterne usufruire se si presenterà l'occasione. Con
la loro compagnia, i 5 Km. di strada sino al cratere del Nindiri, sono
meno lunghi e faticosi di quello che potrebbero sembrare... La
strada per raggiungere il cratere è completamente asfaltata e si snoda
tra la colata lavica del lontano 1772, in un paesaggio lunare,
scenograficamente straordinario. L'ultimo
terzo di strada è un pò più ripido dei precedenti due terzi, ma
sull'onda dell'entusiasmo arriviamo al "mirador" : la strada
si allarga in un piazzale, la "Plaza de Oviedo" (in onore del
primo straniero che scoprì ed esplorò il complesso vulcanico), che
termina con un parapetto di pietra, oltre il quale, sul fondo si vede il
cratere del Nindiri, fumante, visto che è attivo ! Un
cartello recita di prestare molta attenzione, ricordando che il vulcano
è attivo e può esalare fumi tossici e mortali ! L'odore
di zolfo è forte ed acre, il calore percettibile. Lo spettacolo che la
natura ci offre irripetibile. Sulla
destra, alla fine di una lunga scalinata, una croce di legno, posta
sulla sommità di un'altura, si staglia nel cielo. Seguiamo
il sentiero sulla sinistra, che porta ad un'altro mirador, posto più in
alto; anche da qui la vista è spettacolare ! Proviamo a scendere lungo
la strada per raggiungere il ciglio opposto del cratere, ma veniamo
repentinamente fermati dalle guardie del parco : non è possibile
andarci ! A
malincuore risaliamo e dopo una sosta sul vicino cratere San Fernando,
ormai ricoperto dalla vegetazione, visto che è inattivo da oltre 200
anni, prendiamo la strada del ritorno. Il
sole ora è forte e non aver portato l'abbronzante, mi costerà una
quasi scottatura di braccia, gambe e collo : meno male che il fido
cappellino è sempre con me ! La
discesa sembra molto più lunga della salita, forse perché ci fermiamo
al centro informativo dei visitatori, dove è allestito una sorta di
museo che mostra la storia del vulcano e la flora, fauna e geologia che
caratterizza il parco. Non
è nulla di particolare, anzi serve solo come pausa durante la discesa,
visto che i plastici in cartapesta, mi ricordano molto i lavori che
facevo alle medie ! Poche
altre centinaia di metri e siamo finalmente all'uscita ! Ci sistemiamo
sulla strada e aspettiamo il primo bus per Masaya. Saliamo
sul primo che passa, ma sfortunatamente, non è diretto a Masaya, ma è
solo "de paso" : ciò significa che ci lascerà all'incrocio
con la strada che porta a Masaya per 2 C$, dove dovremmo prendere
un'altro bus ! In
dieci minuti siamo all'incrocio, altrettanti per aspettare e prendere il
bus per Masaya (3 C$) e qualcuno meno per raggiungere il terminal. Alle
spalle del terminal si sviluppa il nuovo mercato cittadino, diviso in
zone : alimentari, artigianato, abbigliamento. E'
una città nella città, un dedalo di vicoli tra le varie bancherelle
dove perdersi e perdere l'orientamento non è affatto così difficile. Una
vera e propria attrazione, da non lasciarsi scappare ! Passiamo qualche
ora al suo interno, acquistando diversi oggetti di artigianato :
caratteristici sono soprattutto i piccoli oggetti di legno, pietra e i
dipinti a olio. Non
meno particolare e interessante è l’occasione di parlare con la
gente, sempre gentile e ben disposta, mai pressante e insistente nel
tentativo di vendervi qualcosa, ma amabile, come tutto il Nicaragua
appare agli occhi del viaggiatore… Dopo
aver completato gli acquisti, riemergiamo dal dedalo vi vicoli del
mercato e andiamo a prendere il bus per Santa Catarina, dove dal suo
mirador è possibile vedere la Laguna di Apoyo. La
buseta è ferma al suo posto e parte solo dopo un quarto d’ora,
durante il quale assisto divertito al consueto alternarsi di venditori
di ogni genere di cose…, dal refrescos, al cibo, alle tovaglie… Particolarmente
simpatica una coppia di bambini che vende caramelle, poste dentro una
bacinella di plastica arancione. Due occhi enormi e dolci mi fissano e
mi chiedono di acquistare qual cosa : il cuore non regge e anche se non
prendo nulla, gli regalo due pesos… L’autista,
che dorme appoggiato al volante, si desta come se svegliato da un
orologio biologico puntato sull’ora della partenza, accende il mezzo e
si parte. Una
decina di minuti e 3 C$ per raggiungere Santa Catarina, posta sul colle
a ridosso di Masaya. Scendiamo
all’incrocio, attraversiamo la strada, poche decine di metri e
imbocchiamo la via principale del paese : impossibile sbagliare, ad
aiutarvi come punto di riferimento, ci sono le moto-carrozzelle, che
fungono da taxi e se questo non bastasse, seguite le indicazioni per un
fantomatico “Las Vegas”, che in seguito scoprirò essere una sala
giochi dotata di slot-machine ! Cominciamo
a salire seguendo la strada che percorre tutta Santa Catarina; il
paesino è caratteristico e ricco di negozi che offrono oggetti di
artigianato. Proseguiamo sempre dritto di fronte a noi, superiamo la
chiesa, quindi altre due quadre e giungiamo al “mirador”. Qui si
paga un biglietto di ingresso di 1 C$ per accedere al giardino, da cui
si domina l’intera Laguna di Apoyo, un vasto bacino di acqua azzurra,
formatosi all’interno di un antico cratere. La
vista è mozzafiato, bella e particolare : c’è un vento fortissimo,
il cielo è terso il suo azzurro pastello contrasta con quello più
profondo della laguna. Sullo sfondo, sfocata, all’orizzonte, Granata,
di cui si riconosce la cattedrale. Restiamo
pochi minuti, qualche foto e un lungo sguardo contemplativo, quindi
ritorniamo indietro, ripercorrendo a ritroso il nostro cammino. Ritornati
sulla strada principale, ci appostiamo sul ciglio e attendiamo il bus
che ci riporti a Masaya : non tarda e così in men che non si dica,
siamo di nuovo al terminal, da dove eravamo partiti ! Abbiamo
ancora del tempo, quindi convinco Michele ad andare a vedere il vecchio
mercato dell’artisaneria, pezzo forte di Masaya, le cui foto ho visto
su internet : per raggiungerlo basta fare una piccola passeggiata di
dieci minuti, con la quale si scopre anche un po’ della città. Usciti
dal piazzale sterrato del terminal, costeggiamo, tenendolo sulla
sinistra, il mercato nuovo, quindi superiamo il ponte che ci si trova di
fronte e proseguire diritto per 3 quadre : all’improvviso, le mura del
vecchio mercato dell’artisaneria, mi appaiono sulla destra. Purtroppo
questo è solo quello che resta del famoso mercato…; al suo interno
infatti adesso trovano posto i negozi che vendono le stesse identiche
cose che si possono trovare al mercato nuovo, ma a un prezzo molto più
alto. E’
stato trasformato in uno specchio per allodole, dove attrarre i
turisti… impossibile anche tentare di tirare sul prezzo…, sono
irremovibili, a differenza del nuovo mercato… Tuttavia
la sua struttura esterna, di vecchia fortezza, ha mantenuto immutato il
proprio fascino, anche se all’entrata un cartellone coloratissimo, che
stona come un trombone in una sinfonia di violini, ne altera un po’ il
fascino. Diciamo che se si ha tempo, merita la visita, se non altro per
vedere anche un po’ di Masaya… Ritorniamo
al terminal e troviamo in partenza un bus per Granata, sul quale saliamo
al volo : 5 C$ e 40 minuti di viaggio ed eccoci di ritorno nella “gran
sultana” ! Scendiamo
prima del terminal e ripercorriamo “Calle Xalteva” per raggiungere
una fabbrica di sigari, dove comprarne qualcuno per l’amico Max. Superiamo
la chiesa che da il nome alla strada e subito dopo sulla destra
ritroviamo il negozio che avevamo visto il giorno prima : “Doña Elba
Cigar”, una sorta di fabbrica familiare, dove oltre a produrre,
vendono i sigari. Ce
ne sono di diversi tipi e se ne possono acquistare un numero a piacere :
non è infatti necessario comprare la scatola, ma se ne possono chiedere
anche un numero inferiore, che vengono confezionati a parte. Il
costo sembra buono : 20 sigari “robustos” costano, 200 C$, mentre
una confezione di 5 sigarillos, 50 C$. Una “hacienda familiar” ed un
servizio ottimo, consigliato a chi interessa. Tornando
verso il “Cocibolca”, ci fermiamo al supermercato (sulla destra,
subito prima di incrociare “Calle du Commercio”, a una quadra dal
parco) e facciamo un po’ di spesa per la nostra cena : ananas, ron
“Flor de Caña” 5 años, coca, salumi... Comunque
si trova di tutto, compresa la pasta, anche se è un pò cara ! Per il
resto invece, i prezzi sono Nica… Il
pane lo acquistiamo invece lungo la strada, ad una bancherella : un
filone da un chilo, 8 C$ ! In
serata, dopo aver consumato la nostra cena al Cocibolca, usciamo a fare
un giro per Granata, raggiungendo il parco, quindi avendo ancora un
languorino, ci fermiamo alla “Pizzeria Don Luca”, che si trova di
fronte al “Cocibolca” e ci facciamo una pizza ! Il
locale è gestito da un italiano, che viveva e lavorava a Bien in
Svizzera e che ora si è trasferito qui. La pizza non è malvagia e
viene offerta in tre dimensioni : la più grande, che basta per due,
costa 57 C$. Finalmente
sazi, prendiamo un po’ di fresco sul marciapiede dondolandoci sulle
“abueljte” del “Cocibolca”, quindi in branda. 15
Gennaio 2003 – Granada, Rivas, San Jorge, Moyogalpa ( Isola di Ometepe),
Altagracia. ( 72 Km. in bus + 13 Km. In
barca + 17 Km. in bus ) Sveglia
prestissimo per raggiungere Rivas e quindi spostarci sull’isola di
Ometepe. Alle 07.00 siamo già in cammino verso il terminal e nel parco,
ritroviamo i due italiani che ci hanno accompagnato nell’escursione
sul vulcano Masaya. Un
saluto veloce, quindi percorriamo “Calle du Commercio”, mentre i
vari negozi stanno aprendo i battenti e arriviamo al terminal, dove due
giorni prima siamo giunti. Il
bus per Rivas, però, deve ancora arrivare e partirà solo alle 08.00 ! Fortunatamente
è puntuale e alle 08.00 lasciamo Granata alla volta di Rivas : costo
del viaggio 13 C$, durata circa un’ora e mezza, tra fermate per far
salire e scendere gente, venditori e predicatori… Giunti
al terminal di Rivas, è necessario prendere un taxi, per raggiungere
San Jorge, il porto da cui partono i ferry e le lance per Ometepe. Appena
scesi veniamo assaliti da un’orda di taxisti, che tentano di
accaparrarsi il cliente; i prezzi chiesti sono i più disparati, sino a
20 C$ a persona ! Non farsi prendere dalla fretta è indispensabile per
evitare fregature… Il prezzo giusto per la corsa infatti è di 30 C$
in totale !!! Recuperiamo
lo zaino dal tetto del bus, ci riuniamo con un altro ragazzo italiano e
due tedeschi e prendiamo un solo taxi per 30 C$, ovvero 6 C$ a testa ! Dal
terminal a san Jorge il tragitto è breve : circa 5 minuti e il taxi ci
scarica proprio all’ingresso del molo. Qui
a sinistra dell’entrata c’è la biglietteria, dove poter fare il
biglietto per il Ferry, ma non farlo non comporta alcun pericolo o
svantaggio : si paga direttamente sulla barca ! Costo : 20 C$. Dal
molo si scorge tra la foschia la sagoma dell’isola di Ometepe, la più
grande isola lacustre al mondo. Impressionanti
i due vulcani che la compongono : il Conception e il Maderas. Imponenti
e massicci, coperti di vegetazione, con un ciuffo di nuvole a coprirgli
la vetta. Il lago invece sembra un vero e proprio mare, con onde robuste
e alte, alimentate dal forte vento. La
traversata dura circa un’ora e il ferry balla parecchio sotto la
spinta delle onde nel primo tratto : meno male che non soffro il mal di
mare (o meglio sarebbe dire di lago…!). Anzi il dondolio, mi concilia
il sonno, così mi faccio una bella dormita, destandomi giusto in tempo
per vedere l’attracco ! Di
fronte a noi, superbo il vulcano Concepcion, ci accoglie a Moyagalpa. Appena
scesi bisogna destreggiarsi tra i taxista che cercano di accaparrarsi un
cliente di giornata, quindi fatti circa una trentina di metri, sulla
destra, si trova il bus per Altagracia. Prendiamo
posto, insieme a molte persone che hanno fatto la traversata con noi e
rincontriamo Marcus, il ragazzo inglese conosciuto a Granata, che si
unisce a noi. Lo
spostamento in termini di spazio è modesto; solo 17 chilometri
separano, infatti, Moyagalpa da Altagracia. In termini di tempo invece,
incredibilmente lungo : circa un’ora, a causa del pessimo stato delle
strade, che oltre ad essere sterrate e strette, sono anche piene di
buche… Il bus poi non è dei più recenti e arranca a fatica per tutto
il percorso. Costo : 9 C$. Altagracia
è un piccolo paesino, che si sviluppa esclusivamente ai lati della
strada che lo attraversa. Appena
scesi, non fatichiamo affatto a individuare l’Hotel Castillo, che si
trova nella prima traversa verso l’interno, subito dopo l’inizio
dell’abitato. L’Hotel è carino, pulito e ben tenuto : a prima vista
mi fa subito una bella impressione. Chiediamo
una stanza da tre posti e quella che ci propongono non è affatto male :
spaziosa, letti comodi, bagno grande, con doccia e acqua corrente, anche
se solo fredda. Costo : 70 C$ a testa (ovvero, la tripla per 210 C$). Ci
sistemiamo, una bella doccia, quindi usufruiamo subito della cucina
dell’hotel, che si rivela buona e a buon mercato : per un bel
“pescado” con riso, fagioli e tostones , spendo solo 27 C$ ! Tutto
viene segnato sul numero della camera, quindi si salda il conto alla
partenza. Scriversi cosa si è consumato è buona norma, anche se i Nica
sono persone estremamente corrette e oneste; un errore però possono
farlo tutti… L’hotel
dispone anche di internet e sono presenti due PC, dai quali ci si può
connettere. Il costo però, è un tantino alto : 75 C$ l’ora, ma la
connessione è veloce ed efficiente. Dopo
pranzo usciamo alla scoperta di Altagracia. Percorriamo la strada
principale verso sinistra, superiamo il “Comedor Buen Gusto”,
segnalato sulla nostra guida, quindi raggiungiamo la piazza. Di
fronte c’è la chiesa con un piccolo giardino antistante, nel quale
sono poste diverse statue di pietra, molto particolari. Tuttavia
la cosa che mi balza più agli occhi sono i maiali, che beatamente se ne
stanno al pascolo nel giardino ! Imbocchiamo
la strada adiacente al giardino e ci dirigiamo verso il lago. Camminiamo
per circa venti minuti, immersi nelle piantagioni di platano e banane,
con il Concepcion, che ci controlla le spalle, incontrando ogni tanto la
casa di qualche famiglia di contadini, che incuriositi ci osservano e ci
sorridono, rispondendo garbatamente al nostro amichevole “Hola !”. Arriviamo
sino alle sponde del lago, in quella che è Playa Angul. Il Cocobolca
sembra nero, da quanto è scura l’acqua, a causa del colore della
sabbia del fondale, che essendo vulcanica è molto scura… Il
vento agita le acque, le onde si inseguono di continuo, le sponde sono
un tripudio di verde, per la vegetazione rigogliosa. La
piccola insenatura è soprattutto rocciosa e poco distante scorgo due
ragazze che fanno il bucato : la cosa più normale al mondo, sapone,
olio di gomiti, qualche sbattuta sulle rocce e risciacquo…, altro che
lavatrice ! Ritorniamo
sui nostri passi e prendiamo un altro sentiero, che si inoltra tra i
platani. Qui
ci sono più abitazioni e suscitiamo l’interesse soprattutto dei
bambini : occhi grandi, profondi, sguardo furbo, sorriso contagioso e
aperto. A tutti un “buenas” e da tutti una risposta ! La
seconda spiaggia è molto più ampia, una mezza luna completa, di sabbia
fine, quasi nera. Sulla
strada del ritorno abbiamo di fronte il Concepcion : alto,
lussureggiante, maestoso e sormontato da un cappello di nuvole che ne
avvolge solo la cima, quasi fosse panna montata su un’enorme gelato.
Uno spettacolo ! Ritorniamo
al “Castillo” e mentre attendiamo che arrivi l’ora di cena,
scrivendo le impressioni di giornata, incontriamo e conosciamo, una
persona che in realtà conoscevamo gia da diversi mesi via internet : la
mitica Enrica di Roma, con la quale ci siamo scambiati moltissime
informazioni e sensazioni su questo viaggio. Sapevamo
che c’era la possibilità di incontrarsi, ma non avendo programmato
nulla, ritrovarsi sull’affascinate isola di Ometepe è una fatalità
straordinaria. Siamo
contenti : la cena nicaraguese che ci eravamo ripromessi la consumeremo
davvero ! Presentazioni
di rito, anche se mi sembra di conoscerla da una vita… e primo
contatto con i suoi compagni di viaggio : Claudia e Nello, persone
simpaticissime e particolari, la cui conoscenza renderà questa
esperienza straordinaria. Prima
di soddisfare lo stomaco, ci accordiamo, grazie all’intermediazione
dell’hotel, con Silvio, la guida che domani ci accompagnerà
nell’escursione sul vulcano Maderas. Trattiamo sul prezzo,
coinvolgiamo nell’escursione Enrica, Claudia e Nello e alla fine ci
accordiamo per 60 C$ ciascuno (siamo in 7), più 25 C$ per il pranzo al
sacco che ci preparerà l’hotel. -
A posteriori posso candidamente dire che della guida potevamo fare
tranquillamente a meno, non perché non sia preparata, ma solo per il
fatto che è un’escursione che si può tranquillamente organizzarsi e
fare da soli ! Basta prendere il bus per Balgüe, andare all’Hacienda
Magdalena, da dove parte il sentiero, quindi seguirlo da soli, oppure
aspettare che parta un gruppo con la guida e accodarsi a poca distanza e
il gioco è fatto ! - Finalmente
si va a mangiare, mentre lo stomaco comincia a borbottare… Cena al
“Comedor El Buen Gusto” insieme a Marcus e Roberto, altro ragazzo di
Torino che ha raggiunto l’isola questa mattina con noi, Enrica,
Claudia e Nello. Il
comedor, si rivela ottimo per il cibo, come la guida suggeriva, e con
prezzi economici : un pescado intero con riso e tostones e una Tona, 45
C$ !!! L’aperitivo
lo offro io : una bella bottiglia di ron “Flor de Cana” invecchiato
5 anni, comprato a Granata la sera prima, che svanisce velocemente… Soddisfatto
lo stomaco, via tutti in branda, senza dimenticarsi di ritirare il
pranzo al sacco dalla cucina dell’hotel ! Il
contenuto mi sembra soddisfacente per i 25 C$ che ci costa : due panini
dolci, tre uova sode, un pomodoro, un pezzo di formaggio di capra,
aranci e una banana. 16
Gennaio 2003 – Altagracia, Volcan Maderas, Playa Santo Domingo,
Altagracia. (
14 Km. in bus ) Sveglia
prestissimo, alle 04.00 visto che dobbiamo prendere il bus per Balgüe,
che parte dalla piazza alle 04.15. Silvio
ci aspetta nel giardino dell’hotel e una volta riuniti i partecipanti,
raggiungiamo la piazza e saliamo sul nostro bus, che parte in orario. E’
ancora notte, la strada dissestata e sterrata rende il tragitto lento e
faticoso per il vecchio mezzo, che arranca fendendo il buio con la luce
dei fari. Impieghiamo
circa 45 minuti per arrivare a Balgüe : costo 8 C$. E’ ancora buio e
raggiungiamo l’Hacienda Magdalena, seguendo il sentiero di 1
chilometro che parte proprio dove l’autista ci fa scendere. Quando
arriviamo sta albeggiando e ci sediamo sui tavolini, sotto il pergolato,
aspettando che venga giorno. L’alba
illumina l’Hacienda e i nostri volti, da cui traspare la fatica
dell’alzataccia. Il
brusio delle nostre parole rompe la tranquillità del luogo e cominciano
a comparire anche i campesisnos, che lavorano all’Hacienda e gli
ospiti che vi sono ospiti; qui infatti si può anche dormire e si hanno
tre scelte : amaca, camera, dormitorio comune. E’
un luogo molto caratteristico e particolare, ma ha l’inconveniente di
essere un pò isolato e poco collegato con Altagracia e Moyagalpa. Altra
possibilità di dormire è data dalla “Finca Zopilote”, poco
distante, aperta recentemente da un italiano, che si è stabilito
sull’isola. Offre, amache, dormitorio e bungalow, uso della cucina e
chiaramente…, compagnia italiana ! Si
fa definitivamente giorno e non può passare inosservata la tenuta da
escursione che sfodera Claudia : pantalone color sabbia corto, appena
sotto il ginocchio, scarpe da tennis in tinta e magliettina nera. E’
tutta intenta a cercare di ripulire dai pantaloni una minuscola macchia
che una goccia di cafè ha inavvertitamente provocato… Non sa ancora
cosa ci aspetta ! Finalmente
si parte per l’escursione. Prima pero bisogna pagare l’eventuale
colazione consumata e l’accesso al sentiero, che costa 20 C$ (cosa,
quest’ultima, incomprensibile ! Comunque vi segnalo che l’italiano
che gestisce la Finca Zopilote, ci aveva confidato, durante
l’escursione al Volcan Masaya, che facemmo insieme, la sua intenzione
di aprire un sentiero gratuito che partendo dalla sua finca, si
ricollegasse al sentiero principale, evitando quindi di pagare l’Hacienda
! Ci sarà riuscito ? A voi scoprirlo e, nel caso, farmelo e farlo
sapere a tutti…). Cominciamo
a salire lungo il sentiero seguendo Silvio, anche se non sarebbe affatto
necessario; il cammino infatti è ben segnato e battuto e non si può
sbagliare. La
prima parte è quasi pianeggiante, immersa nelle piantagioni di platani
dell’Hacienda e asciutta. Si vedono facilmente le scimmie sulle cime
degli alberi e l’urraca, uccello tipico dell’isola dal piumaggio
azzurro intenso e con un simpatico ciuffetto sul capo. Il
sentiero si snoda per 5 chilometri totali, prima di raggiungere la cima,
ma la distanza non è affatto il problema principale. Man mano che
saliamo, la strada si fa più irta e pendente, la vegetazione cresce,
l’umidità aumenta. Si
cammina tra le nuvole che ricoprono il vulcano per due terzi della sua
altezza e il fango e l’acqua cominciano a fare capolino sotto i nostri
piedi. Le scarpe da trekking sarebbero l’ideale, ma anche con quelle
da tennis, se non hanno suola liscia ce la si può fare… Schizzi
di fango ci segnano scarpe, gambe e vestiti : e pensare che Claudia si
preoccupava della macchietta di cafè… Al
chilometro 2,5 c’è il mirador. Ci arriviamo faticando e non vediamo
praticamente nulla : solo il grigio delle nuvole che ci avvolgono ! Enrica,
Claudia, Nello e Roberto decidono di tornare indietro accompagnati da
Silvio, che si è guadagnato cosi i suoi soldi senza fare praticamente
nulla o comunque senza portare a termine il suo lavoro… Io, Michele e
Marcus invece, continuiamo da soli l’ascesa. Se
fino a qui la marcia poteva sembrare faticosa, quello che viene e ci
aspetta dopo lo sarà ancora di più… Il
sentiero si riempie praticamente di fango a causa dell’acqua che
scende dalla cima e ben presto mi ritrovo ad arrancare sprofondando in
alcuni punti sino quasi al ginocchio… E
più saliamo, più la situazione peggiora… Arriviamo sino al
chilometro 4, bagnati completamente, con scarpe e gambe del colore
marroncino chiaro del fango e scivolando ripetutamente. E siamo ancora
in mezzo alle nuvole… Visto
che la situazione del tempo non migliora e manca ancora un’ora alla
vetta, io e Michele decidiamo che ci può bastare e torniamo indietro :
il solo Marcus, continua da solo nell’impresa ! La
discesa è ancora più problematica della salita... Se affondare nel
fango durante l'ascesa era faticoso e laborioso, evitare di scivolare su
radici, foglie e sassi durante la discesa è un'impresa titanica e
impossibile, che non riusciamo a portare a termine... Scivolo
diverse volte e solo riflessi e fortuna mi evitano di ritrovarmi anche
con qualcos’altro, oltre le scarpe, nel fango ! Lentamente
raggiungiamo il mirador, che è ancora coperto dalle nuvole e dopo una
breve sosta, riprendiamo la via del ritorno. Da
qui il sentiero migliora sempre più rapidamente e senza neanche
accorgerci usciamo dalle nuvole e ci ritroviamo a camminare con i raggi
del sole che filtrano dalla boscaglia. L'ultimo
tratto, prima di giungere all'Hacianda Magdalena è il più bello :
moltissime "urraca" volano da pianta a pianta e con il loro
colore azzurro intenso mitigano la nostra delusione per un escursione
mancata, che col senno di poi, non valeva la pena fare. All'Hacienda
ritroviamo i nostri quattro compagni di giornata, in comodo relax sulle
amache. Mi
ripulisco con l'acqua dal fango che mi ricopre le gambe; le calze le
butto senza neanche provare a fare qualcosa per "salvarle", le
scarpe invece le ripulisco con cura : mi devono accompagnare per altri
12 giorni ! Verso
le 13.00 lasciamo l'Hacienda Magdalena e ritorniamo sulla strada
principale, da dove alle 13.30 parte il bus, che prendiamo al volo. Io,
Michele, Roberto e Silvio scendiamo a Playa Santo Domingo, la più bella
dell'isola. Enrica, Claudia e Nello, che l’hanno vista ieri,
proseguono invece per la “laguna del charco verde”. Scendiamo
di fronte l’hotel “Finca Santo Domingo”, costruito praticamente
sulla sabbia della spiaggia, che è davvero particolare. Lunga, di
sabbia bianca, sullo sfondo il Maderas con la cima ricoperta dalle
nuvole : l'impatto visivo è veramente caratteristico e bello. Sul
lago dall'acqua scura, le onde si inseguono regolarmente e visto che è
acqua dolce ne approfitto per fare un bel bagno... Quindi
prendiamo posto sulla veranda vista lago dell’hotel e sorseggiamo
qualche Toña, aspettando le 16.30, ora in cui passerà il bus per
Altagracia. Verso
quell'ora ci sistemiamo sulla strada, ma invece del bus, prendiamo,
grazie all'aiuto di Silvio, un pick-up, che ci porta velocemente proprio
davanti al nostro hotel ad Altagracia : costo del passaggio 5 C$ a
testa. Finalmente
una doccia vera, che mi ripulisce definitivamente dal fango ocra del
Maderas. Mentre
sto per uscire dalla camera ecco arrivare Marcus, l'unico di noi ad aver
raggiunto la vetta ! Gli chiedo com'erà, mi risponde che non si vedeva
niente, era in mezzo alle nuvole e la vegetazione era così fitta e alta
che anche se fosse stato limpido non si sarebbe comunque vista la laguna
nel cratere del vulcano ! Grande idea essersi fermati, allora ! Non
del tutto, dato che al ritorno, al mirador, le nuvole si erano dissipate
e la vista era fantastica... Uso
internet : veloce anche se un pò caro (75 C$ all'ora), ma tanto non c'è
scelta... Tutti
insieme, decidiamo di cenare al Castillo e la cena si rivela buona come
il pranzo del giorno precedente. Concludiamo
la serata sorseggiando il mitico Flor de Caña, che questa volta offre
la mitica Doña Enrica : strano come mi sembra di conoscere da una vita
queste persone straordinarie che ho conosciuto realmente solo ieri... A
fine serata, tristi i saluti : domani ci divideremo dai nostri nuovi
amici..., così presto, ma inevitabilmente; i nostri itinerari sono
diversi, ma forse ci ritroveremo a San Juan del Sur a fine mese... 17
Gennaio 2003 – Altagracia, Moyogalpa, San Jorge, Managua, Corn Island
Grande, Corn Island Pequeña. (
Km. 17 in bus + Km. 13 in barca + 113 Km. In bus + 240 Km. in aereo + 3
Km. in lancia ) Sveglia
nuovamente nel cuore della notte, alle 03.50, per poter prendere il
primo bus per Moyagalpa, che parte dal parco alle 04.15. Molte
sono le persone che lo affollano e lungo il tragitto salgono sul bus.
Molti i bambini, con secchi di frutta più pesanti di loro, che vanno a
"lavorare" al porto, cercando di vendere qualcuno dei loro
frutti ai turisti in arrivo. Immagine triste e dura da vedere : un
infanzia forse rubata... In
circa un'ora e un quarto e spendendo 9 C$ arriviamo al porto; albeggia e
non facciamo a tempo a scendere dal bus, che subito veniamo indirizzati
di gran fretta verso la prima lancia in partenza. Costo
della lancia, 15 C$ (5 C$ in meno del ferry...) e un'ora di traversata,
molto meno movimentata dell'andata. Dormo per quasi tutto il tempo e mi
desto solo all'attracco. Scendiamo
e ci dirigiamo verso l'uscita del porto di San Jorge. Superiamo i
taxisti che offrono i loro passaggi per Rivas, Peñas Blanca e San Juan
del Sur e dopo poche decine di metri troviamo ad attenderci l'espresso
per Managua : tutto molto organizzato e interconnesso !!! Alle
06.45 lasciamo San Jorge; un ultimo sguardo all'affascinante isola di
Ometepe e via verso la capitale. Costo del viaggio, 30 C$; tempo per
compierlo circa due ore, quasi tutte dormite ! Mi
sveglio definitivamente nella periferia di Managua, prima di arrivare al
terminal. Sono
quasi le dieci : e noi che pensavamo di non riuscire a prendere il volo
delle 14.00 ! Appena
scesi dal bus lasciamo il terminal, attraversiamo la strada principale e
imbocchiamo una parallela di quest'ultima per cercare un posto dove fare
colazione. Troviamo
un comedor familiare, gestito da Sandra, una simpatica e gentile signora
di mezza età, che ci racconta di essere molto famosa e conosciuta in
zona perchè in precedenza aveva un locale molto più grande, che è
stata costretta chiudere e soltanto da poco è tornata in affari. Ordiniamo
un gallo pinto con tortillas e cafè negro che si rivela buono e
abbondante, il tutto per 35 C$. Lasciamo
scorrere il tempo mangiando tranquillamente, poi verso le 12.00, ci
avviamo all'aeroporto, per prendere il volo pomeridiano per Corn Island. Usciti
dal comedor, fermiamo il primo taxi e chiediamo quanto vuole per
portarci all'aeroporto : 50 C$ a testa. Troppo, ci sta provando...,
rifiutiamo e il prezzo scende a 20 C$ a testa... Non siamo ancora
contenti, quindi è lui a chiederci quanto siamo disposti a spendere :
15 C$, la nostra offerta. Questa volta è troppo poco per lui che se ne
va imprecando ! Ritorniamo
sulla trafficata strada principale e fermiamo un'altro taxi : una
vecchissima skoda gialla, molto mal ridotta. Nuova contrattazione : ci
accordiamo per 15 C$ a testa, ovvero 45 C$ totali. Zaini
nel baule e si parte. I sedili del taxi sono sfondati, le portiere,
mancano all'interno della rivestitura..., una vera e propria carretta,
ma funziona e il taxista è un simpatico signore baffuto con il quale
Michele parla per tutto il tragitto. Dal
quartiere la fuente all'aeroporto impieghiamo circa 20/25 minuti a causa
soprattutto del traffico caotico della capitale. Il
taxi ci lascia all'entrata dell'aeroporto e ci scuce anche 5 C$ di
mancia... Appena
superato il cancello, abbiamo di fronte gli uffici di due delle tre
compagnie aeree nazionali che volano a corn Island : la "Costeña"
e la "Atlantic Airlines". Subito
veniamo accalappiati dai loro procacciatori di clienti, che nella
migliore filosofia della concorrenza di mercato cominciano a offrirci il
passaggio aereo al prezzo che pubblicizzano come il migliore... Ascoltiamo
attentamente, quindi scegliamo la "Atlantic Airlines", per un
solo motivo : il biglietto andata e ritorno costa 85 $, ben 10 $ in meno
del prezzo della "Costeña" ! Facciamo
il biglietto, check-in e accediamo alla sala di attesa, dopo aver pagato
23 C$ di tassa aeroportuale nazionale. Il
biglietto è emesso per andata e ritorno sul giorno desiderato, ma è di
fatto aperto; se si desidera restare più tempo, si è liberi di farlo,
basta avvisare la compagnia e confermare sempre il volo di ritorno
almeno un giorno prima. La
partenza è fissata per le 14.00, così ne approfitto per raggiungere il
terminal internazionale e andare al punto internet per comunicare con
casa. Compro
anche una scheda telefonica da 100 C$ e chiamo dalla sala d'aspetto
prima di imbarcarmi, riuscendo a parlare per poco più di 3 minuti. Alle
14.15 decolliamo con un bi-elica da 18 posti alla volta di Corn Island.
Il cielo è un pò nuvoloso ma dall'alto si vede bene il lago di Managua,
di un bruttissimo e innaturale colore marrone e lungo tutta la
traversata verso oriente la rigogliosa natura che contraddistingue il
cuore del Nicaragua. Dopo
un'ora di volo atterriamo a Bluefields, sulla costa Atlantica, per poi
ripartire dopo una ventina di minuti. La
costa è selvaggia e l'oceano atlantico si infrange contro El Bluff.
Altri venti minuti di volo in mare aperto ed eccoci a Corn Island
grande. L'aeroporto
è una stretta striscia di asfalto, che si sviluppa di fianco alla
strada che porta a Pick Nick Beach, la spiaggia più bella dell'isola
grande. Scendiamo
ed usciamo dal cancello metallico, che interrompe la recinzione che
delimita la pista. Dalla parte opposta della strada, c'è l'ufficio
della "Costeña", mentre quello dell'Atlantic Airlines"
è dietro l'angolo a sinistra, seguendo la strada che porta al porto. Recuperiamo
lo zaino e proseguiamo a piedi verso il porto : poche centinaia di metri
e siamo a destinazione. Per
accedere paghiamo una tassa portuale di 3 C$, quindi appena entrati si
prosegue dritto per una ventina di metri e sulla destra si trova la
lancia per Corn Island Pequeña. Chiamarla
lancia è un pò limitativo, visto che è dotata di due motori da 75 CV,
che le consentono in circa mezz'ora di solcare il tratto di oceano che
separa l'isola Grande dalla Pequeña ! Gli
zaini vengono stivati a prua, mentre prendo posto al centro della
lancia. Mi viene dato il giubbotto di salvataggio, che però non
indosso, ma utilizzo (come vedo fare agli altri...) come cuscino. Questa
scelta rivelerà la sua utilità solo più tardi, durante la traversata;
la lancia infatti rimbalza sullo specchio d'acqua e il giubbotto
attutisce i colpi preservando il fondoschiena ! Costo
del passaggio : 70 C$, da corrispondere prima di scendere all'ormeggio
di Corn Island Pequeña. Solo
quando tutti gli occupanti hanno pagato, la lancia approda sulla
spiaggia, di fronte al "Diving Center" e sbarchiamo. E’
quasi il tramonto, il cielo è rosso sulla baia, il mare calmo, alcune
barche sono all’ormeggio e sulla destra domina la collina su cui è
posto il faro. Il
centro di Corn Island Pequeña si sviluppa lungo la baia, ai margini del
marciapiede di cemento che la percorre interamente costeggiando la
spiaggia. Di
fianco al Diving Centere c’è il cartello che indica Casa Iguana,
primo insediamento di bungalow dell’isola, gestito da una coppia di
canadesi. Nostro
riferimento è l’hospedaje Bridgett, che si trova a un centinaio di
metri sulla sinistra, superato il piccolo supermarket e la chiesa
evangelica. Chiediamo
di vedere le stanze : spartane ed essenziali, con solo il letto, doccia
e bagno esterni ed in comune. Non mi fanno una grande impressione,
quindi decidiamo di cercare qualcosa d’altro prima di decidere La
più vicina é Casa Iguana : seguiamo il sentiero che partendo dal
Diving center, porta all’interno, sino all’altra parte dell’isola,
sulla cui spiaggia sono posizionati i quattro bungalow, che la
costituiscono, ma purtroppo non c’è posto. Tutti prenotano via
internet ed è difficile che ci siano sistemazioni libere. Ritorniamo
al Diving Center e andiamo verso sinistra : ormai si è fatto buio ! Superiamo
il ristorante “Lobster Inn” e raggiungiamo l’Hotel Delphin”,
costruzione nuova, di un "tremendo" colore rosa. La
struttura dispone di un ristorante con prezzi abbordabili e 8 casette a
due piani, immerse in un giardino molto ben curato. La
tripla costa 35 $ a notte, ma la otteniamo per 30 $; ormai è buio e
decidiamo di prenderla. La
stanza è molto bella, con veranda che da sul giardino, ma il bagno ha
solo acqua fredda. Dopo
una doccia rigenerante torniamo da “Bridgett”, che ha anche un
ristorante, di cui abbiamo sentito parlare bene. La
fama è meritata : mangio un ottimo pargo rojo, bevendo due Toña e
spendendo 120 C$. 18
Gennaio 2003 - Corn Island Pequeña. Sveglia
verso le 09.00 e per prima cosa una scappata a “Casa Iguana”, che
dispone di un collegamento internet satellitare (l’unico
dell’isola), attraverso il quale Marcus comunica con casa. Si
può utilizzare solo tra le 09.30 e le 11.30 ed è caro : 15 minuti, 50
C$ ! Tuttavia la connessione è veloce e quindi il quarto d’ora a
disposizione può essere sufficiente. Sperimentiamo
l’organizzazione di “Casa iguana” : in attesa che sia possibile
connettersi, infatti veniamo invitati ad aspettare nella costruzione che
funge da ritrovo per gli ospiti, dove è possibile ascoltare musica,
leggere libri, prendere da mangiare e da bere e godersi la vista dalla
veranda. Veramente un bel posticino. Qui
tra le guide consultabili, scoviamo quella della "Moon" sul
Nicaragua, edizione Gennaio 2003 ! Incredibile : aggiornatissima e fatta
molto bene ! Mentre
aspettiamo che Marcus termini il suo quarto d’ora, conosciamo una
simpatica coppia di Bologna : Egidio e Beba, che sono sistemati da
Derick’s, dalla parte opposta dell’isola. La
descrizione che ne fanno ci incuriosisce, quindi appena Marcus finisce,
seguiamo Egidio e Beba costeggiando tutta la spiaggia per vederlo con i
nostri occhi. La
passeggiata, molto piacevole, mi mostra un’isola stupenda e
soprattutto ancora selvaggia : alla “cast away” ! In
circa 20 minuti giungiamo da Derick’s, un gruppo di 8 capanne
costruite tra le palme a due passi dal mare. Le capanne sono per due
persone, ma c’è anche il dormitorio, con 10 posti singoli. Il costo
della capanna è di 14 $ al giorno, quello del dormitorio di 5 $. Io
e Michele ci sistemiamo nell’unica capanna libera, mentre Marcus
prende posto in dormitorio. A
questo punto dobbiamo tornare a riprenderci gli zaini all’Hotel
Delphin e visto che è disponibile, prendiamo la carriola, su cui li
potremo trasportare più agevolmente. Per
tornare al “paese” seguiamo il sentiero, che taglia tutta l’isola;
è ben segnato, pianeggiante e per percorrerlo ci si impiega circa una
ventina di minuti. Pagata
la stanza, lasciamo l'hotel Delphin spingendo la carriola ! Visto
che è ora di pranzo e siamo in paese, decidiamo di provare un nuovo
ristorantino; superiamo “Bridgett” e a poche decine di metri, sulla
destra troviamo il ristorante di Aries, che in precedenza era il
“Patricia’s Place”. Aspetto
familiare e alla buona, con Aries, simpatica afro-nicaraguense, a
prendere le ordinazioni e a cucinare. Qui
il piatto comune e tipico è l’aragosta, non c’è scelta ! Si può
solo scegliere il modo in cui sia cucinata : con cipolle, all’aglio o
al pomodoro. Prendo
quella all’aglio e dopo un quarto d’ora ecco arrivare il mio pranzo
: due code di aragosta condite con salsa all’aglio con riso e tostones;
da bere un dissetante e buonissimo refrescos al tamarindo. Costo del
tutto : 100 C$ (di cui 85 C$ per l’aragosta). L’aragosta
è buonissima e abbondante; la taglio a piccoli pezzetti e la unisco al
riso, creandomi un prelibato risotto. Mentre
mangiamo un acquazzone si abbatte sull’isola; meno male che abbiamo
optato per il pranzo ! Appena
spiove, riprendiamo la nostra carriola e raggiungiamo Derick’s, dove
occupiamo immediatamente, la nostra capanna. Letto
matrimoniale, con materasso sottile, due sgabelli a fare da comodino con
un paio di candele già consumate e sul lato destro un tavolino basso,
ricavato con canne di bambù e una panca, ottimi per appoggiare zaino e
tutte le nostre cose. Per terra, la sabbia : troppo bello e particolare
! La
capanna è a misura d’uomo, con una finestra che aperta funge da piano
d’appoggio e da cui si vede il mare a poche decine di metri. Cosa
volere di più ? Un posto così non ha eguali per sensazioni e
atmosfera… Fuori
dalla capanna e tutto intorno, un fitto prato di erba verde, le palme
altissime e di fronte il mare azzurro, vivace e selvaggio. Un
bel bagno nell’azzurro, quindi due passi lungo la spiaggia, sino a
raggiungere la poco lontana “Farm Peace and Love”, gestita da Paola,
un’italiana, che ormai si è trasferita qui da anni. Le
sue sistemazioni sono un po’ più costose, come la cucina italiana che
propone : quindi se avete nostalgia del cibo italico, preparate un po’
di dollari… Ritorniamo
alla nostra capanna e sperimentiamo la doccia. E’ una sola, in comune
per tutti gli ospiti di Derick’s e si trova alle spalle del
dormitorio. E’
costituita da una sorta “gabbiotto” senza soffitto, fatto di foglie
secche di palma, all’interno del quale in un ambiente fin troppo
carino, che ricorda molto le composizioni orientali, con rocce, piante e
conchiglie, c’è una pedana di legno, una rudimentale mensola dove
appoggiare le cose e un enorme bidone blù di plastica, pieno di acqua
dolce, che proviene da un tubo collegato al pozzo poco distante. Sulla
mensola un’utilissima bacinella, che consente di versarsi addosso
l’acqua. Quindi ci si insapona e ci si risciacqua, tutto praticamente
all’aperto : strano, simpatico, divertente, comodo, inconsueto… A
questo punto un pò di relax sulle amache tra le palme a ridosso del
mare, da dove vediamo spegnersi il giorno. Veniamo avvolti dalla notte,
ma questo disagio dura circa una quarantina di minuti; poi, infatti, dal
mare, sorge la luna, che con uno spettacolo incredibile riporna il
"giorno". In
un ambiente privo di energia elettrica e quindi della più piccola luce,
il buio è totale e la luminosità della luna piena ha la stessa forza
del sole. Le stelle sono migliaia e si distinguono tutte…,
incredibile… Sfruttando
questo faro naturale, ripercorriamo il sentiero che porta in
“paese”, utilizzando solo nei tratti ricchi di vegetazione la nostra
torcia e dopo aver cercato invano un ristorante che ci cucinasse la
“concha” (la conchiglia…), ci dobbiamo “accontentare nuovamente
dell’aragosta di Aries…, che nuovamente ci soddisfa. Concludiamo
la serata partecipando al “Full Moon Party”, in cui si aggregano un
po’ tutti, indigeni e viaggiatori presenti sull’isola… Musica
afro, qualche Toña, uno spettacolo di un fachiro, mangiafuoco, quindi
passeggiata di ritorno e via a dormire… 19
Gennaio 2003 - Corn Island Pequeña. Piove
! Che sfortuna abbiamo ? Il cielo inoltre è completamente coperto e
grigio…, non sembra il temporale passeggero di ieri, che dura il tempo
di un pranzo per poi svanire incalzato dal sole e dall’azzurro del
cielo… Resto
sul letto nella capanna e leggo il libro che saggiamente mi sono portato
da casa e che doveva servire a rendere meno noioso il volo di ritorno. Non
è poi così male…, certo il sole, il mare, girare per l’isola
sarebbe stato meglio…, ma anche starmene un po’ a poltrire leggendo,
mentre la pioggia picchietta sulle foglie di palma che costituiscono il
tetto della capanna non mi dispiace così tanto ! Mezzo
giorno… : piove ancora a tratti. Merda ! Adesso basta, inizio a
rompermi le scatole… Finalmente
alle due del pomeriggio il tempo ci da una tregua, che risulterà
definitiva (fortunatamente…). Ne
approfittiamo per andare a cercare un posto dove mangiare qualcosa.
Insieme a Marcus, seguiamo la spiaggia verso sinistra, superiamo la
“Farm Peace and Love” di Paola e poco oltre troviamo la
casa-capanna, dove dimora uno stravagante ragazzo canadese, amante della
cultura jamaicana, che il giorno prima avevamo incontrato lungo la
spiaggia e ci aveva detto che faceva da mangiare su ordinazione. Noi
non abbiamo ordinato, ma magari qualcosa da mettere sotto i denti la
troviamo lo stesso… Distinguere
il posto dalla spiaggia è semplicissimo, visto che davanti alla
struttura campeggia e sventola una bandiera dell’Etiopia. La
casa è ai limiti della realtà…, come faccio a descriverla…,
bisogna vederla per poter capire… E’ costituita da una parete di
muratura, integrata da legno, lamiere, bambù e foglie di palma…
Improvvisata, fatiscente, ma in un certo senso affascinante… Ci
avviciniamo e subito ci viene incontro il nostro amico rasta. Gli
diciamo che vogliamo mangiare qualcosa e ci risponde che può
organizzare un mini pasto…, quindi ci sediamo di fronte, ad un tavolo
ricavato con una lamiera rettangolare, avendo come sedie due tronchi…
Se non altro caratteristico… Dopo
5/10 minuti ecco il nostro spuntino : una zuppa vegetale, fatta di juca,
cipolla, latte di cocco e peperoni e una coda di barracuda. Da bere,
ordiniamo tre refrescos al mandarino. L’aspetto
della zuppa non è dei più appetibili, poi a me le zuppe non piacciono,
quindi salto volentieri l’assaggio… Per
Marcus e Michele è una pacchia; si dividono in due, quello che avremmo
dovuto mangiare in tre. E sembra che sia anche molto buono ! Soprattutto
il barracuda… Visto
che il tutto è un po’ improvvisato, il simpatico canadese, ci dice di
lasciare un’offerta solo per i refrescos, così ce la caviamo con 50
C$ in tre ! Visto
che non piove, proseguiamo il nostro giro dell’isola, continuando
nella direzione intrapresa e superato un altro gruppo di capanne, molto
più costose delle nostre e tutto sommato meno accattivanti come
impressione, pieghiamo verso l’interno, seguendoli sentiero che
dovrebbe portare al paese. Il
sentiero sale sino alla collina sulla cui estremità è posto il faro,
che però è fuori funzione. Siamo
sulla massima altura di Corn Island Pequeña, e di fronte a noi vediamo
la baia sulla quale sorge il “pueblos”. Piccola
sosta, quindi proseguiamo, scendendo dalla parte opposta e raggiungendo
il paese, da dove, attraverso il solito sentiero, facciamo ritorno da
Derrik’s. Una
bella doccia, sfruttando l’ultima ora di luce del giorno e…,
ricomincia a piovere ! Questa
volta è un temporale passeggero, che tuttavia, ci lascia dopo
un’oretta… Immediato
conciliabolo e decisione di andare a cenare, ma non in paese, bensì da
“Elsa” sulla spiaggia a poca distanza da “Casa Iguana”. E’
l’unica che sembra cucinare la “concha” e non vogliamo perdere
l’occasione di assaggiarla. Ci
incamminiamo seguendo la spiaggia nel buio più totale, visto che le
nuvole oscurano la luna piena, facendoci luce esclusivamente con le
nostre torce. La
bassa marea agevola il nostro cammino, lasciandoci una grande porzione
di spiaggia, che di fatto durante il giorno non si ha a disposizione e
tra un granchio e l’altro che scappano veloci appena vengono
illuminati, dopo una ventina di minuti raggiungiamo il ristorante di
“Elsa”. Tutto
è buio…, solo una lieve luce su un tavolo. Elsa, cortese signora,
anch’essa dai tratti aficani ci viene incontro e ci comunica, con
nostro profondo disappunto, che non dispone di energia elettrica e di
conseguenza non può cucinare : profonda delusione ! Non
ci resta che proseguire verso il paese… Altri dieci minuti e siamo
nuovamente seduti al ristorante di Aries, dove ormai siamo clienti
fissi, per cenare con un’ottima aragosta ! Finiamo
di mangiare e ripartiamo per fare ritorno alle nostre capanne : non
voglio rischiare di prendere l’acqua ! L’intuizione
è giusta, il risultato un po’ meno… : a due terzi del cammino
riprende a piovere e subito intensamente. Quando
arriviamo da Derrik’s, Michele e Marcus, sono completamente bagnati,
mentre io grazie al k-way, saggiamente indossato, ho limitato i danni ! 20
Gennaio 2003 - Corn Island Pequeña. Piove
tutta la notte, ma al mattino quando mi alzo, fortunatamente a smesso.
Anche se il cielo è ancora parzialmente coperto e sono pochi gli
sprazzi di azzurro, riaffiora la speranza di avere una giornata di sole. Aspettando
che tutto ciò si trasformi in realtà, mi incammino lungo la spiaggia
per scattare qualche foto. Torno dopo circa mezz’ora, ma il cielo è
ancora coperto ! Con
Michele decidiamo di seguire la spiaggia in direzione di Casa Iguana;
almeno saremo già vicini al “pueblos” e appena Marcus rientrerà
dalla mattinata dedicata al diving, potremo andare a mangiare insieme. La
spiaggia è estremamente corta e la sabbia ha un colore beige molto
intenso, che contrasta con l’azzurro del mare e il bianco della
schiuma prodotta dalle onde. La
vegetazione verde e rigogliosa è proprio a ridosso dell’acqua e rende
più intenso l’aspetto selvaggio dell’isola. Mentre
camminiamo, il sole comincia a fare capolino tra le nubi…; lentamente
inizia a vincere la loro resistenza e l’azzurro diventa rapidamente il
colore predominante del cielo. In
circa venti minuti raggiungiamo il ristorante di “Elsa”, proprio
sulla spiaggia; di giorno il suo aspetto è molto più bello e
caratteristico di quanto non mi era apparso di notte… Chiediamo
se per pranzo possiamo mangiare la “concha” : la risposta
affermativa ci rende subito di buono umore ! Altri
dieci minuti e siamo a “Casa Iguana”; visto che sono tre giorni che
non do notizie a casa, ne approfitto per usare internet. Purtroppo è
occupato e mi dicono di tornare più tardi…; poco male, ci dirigiamo
verso il “Diving Center” per aspettare Marcus, che dovrebbe
rientrare e avvisarlo che siamo già in paese. Anche
qui però non abbiamo fortuna…; l’escursione infatti è un po’ in
ritardo… Mentre
io aspetto, Michele ne approfitta per girare per il pueblos. Dopo un
quarto d’ora decido che forse è meglio andare a vedere se si è
liberato il PC, quindi ritorno a casa Iguana : ancora occupato ! Mi
siedo fuori dalla costruzione di legno rosa che ospita i PC e aspetto…
Il tempo passa, ma la ragazza connessa, non si schioda dalla
postazione… Arriva
Michele, che mi comunica che ha avvisato Marcus, a cui manca ancora
un’immersione e che ci raggiungerà per pranzo da “Elsa”. Mentre
io attendo, Michele si va a godere la spiaggia : come non capirlo !!! Finalmente,
tra mille scuse, la ragazza al PC termina la sua opera : era ora !!! Ora
tocca a me ! E invece no ! Bisogna cambiare il generatore… Aspettiamo
altri cinque minuti… Fatto…;
adesso tocca a me… e invece no ! Questa volta è il satellite a fare i
capricci… Ma porca p… ! Passano
altri cinque minuti e finalmente la connessione si riattiva e posso
usare il PC : è passata un’ora da quando sono arrivato ! Mi
avvisano che il collegamento è instabile, quindi mi sbrigo : due e-mail
a casa e una ad Enrica, in risposta al suo messaggio con il quale mi
avvisa, che sono a granata e si stanno spostando verso Sud seguendo la
costa : vuoi vedere che ci incontriamo di nuovo a San Juan del Sur ? Giusto
15 minuti, il minimo sindacale ! Pago, o meglio mi faccio scippare, i 50
C$ richiesti e via in spiaggia… Il
sole ormai ha conquistato definitivamente il cielo e con la sua
luminosità, i colori dell’ambiente circostante acquistano un’altra
valenza. Il
mare ha un tenue colore pastello, che diventa blu scuro più al largo,
il verde della vegetazione è brillante, quasi le piante fossero
lucidate… Raggiungo
Michele da “Elsa”, un bel bagno, quindi attesa : Marcus deve ancora
arrivare… Passano
almeno quaranta minuti, prima di scorgere la sua sagoma all’orizzonte,
lungo la spiaggia. Immediatamente ordiniamo a “Elsa” tre piatti a
base di “concha”, gallo pinto e tostones, così da abbreviare
l’attesa, visto che la fame è tanta… Una
bella e fresca Toña nell’attesa, seduti a due passi dal mare, con la
brezza che ci accarezza e i piedi nella sabbia e dopo una ventina di
minuti ecco servito il nostro pranzo ! La
“concha” è stata fatta a fettine sottili e fritta : la carne è
bianca, la consistenza simile a quella dei gamberi, il sapore lievemente
meno deciso. Il
piatto, arricchito dal consueto “gallo pinto” e dai tostones, mi
lascia sodisfattissimo e soprattutto sazio ! Spesa totale : 110 C$. Ritorniamo
da Derick’s via spiaggia, godendoci il sole, la cui intensità è
mascherata dal vento, ma che si rivelerà subito dopo la doccia ! Ci
concediamo un po’ di completo relax sulle amache cullati dal vento e
dal fragore delle onde, aspettando il sorgere della luna. Appena
il chiarore lunare rende il buio meno intenso, ripercorriamo il sentiero
che porta in paese per andare a cenare. Scegliamo il ristorante di
“Brigget” : io prendo l’ennesima aragosta, Marcus e Michele una
saporita e abbondante zuppa di pesce. Anche per la cena, il costo è di
110 C$. Alle
21.30 siamo già in capanna ! Domani mattina lasceremo l’isola… 21
Gennaio 2003 – Corn Island Pequeña, Corn Island Grande. (
3 km. In lancia ) Ci
svegliamo alle 06.00; ultimi preparativi, quindi zaino in spalla
lasciamo Derick’s. La
giornata è stupenda : cielo limpido e sole che già brilla alto. In
circa mezz’ora raggiungiamo il “diving center”, da dove parte la
lancia per Corn Island Grande, ma quando arriviamo non c’è ancora
nessuno : ne altre persone, ne la lancia ! Passano
pochi minuti ed eccola arrivare; saliamo e prendiamo posto, collocando
il giubbotto di salvataggio sotto il fondo schiena. Restiamo
in attesa una decina di minuti, nei quali altre persone si aggiungono a
noi, quindi la lancia si sposta verso l’altra parte del paese, al
piccolo molo, dove vengono imbarcati numerosi grandi bidoni di plastica
azzurri e ci viene chiesto di pagare : 70 C$ come all’andata. Appena
tutti hanno pagato, la lancia lascia la “piccola” Corn Island, alla
volta della “grande”. La
traversata è più tranquilla, visto che siamo a favore di onde e mi
sembra anche più veloce. Giunti
a Corn Island Grande, usciamo dal porto e seguiamo verso sinistra la
strada che si trova di fronte a noi; sappiamo infatti che poco più
avanti (a circa tre quadre) c’è l’hotel “Best View”,
consigliatoci da Mirco, che dovrebbe essere molto carino. Dieci
minuti e lo raggiungiamo; in effetti è veramente carino, di colore
azzurro pastello e proprio sul mare ! Ha una splendida veranda fronte
mare al primo piano e vi consiglio di farvi dare una stanza che da
questa parte : è veramente particolare. Costo della stanza per tre
persone : 20 $. Siamo
fortunati in questo senso, visto che se ne è liberata una in mattinata;
mentre la sistemano, ne approfittiamo per fare colazione con un buon
“gallo pinto”, bagnato da cafè negro. La
camera è decente, anche se un po’ piccola, con un letto singolo e un
matrimoniale. Pulita, con due finestre e il ventilatore, che di fatto
non serve, visto che l’isola è molto ventilata. Ha il bagno, ma senza
soffitto e la porta è costituita da una tendina trasparente. La doccia
ha solo acqua fredda. La
veranda, in compenso, è uno spettacolo; vista impagabile sul mare
turchese, con tavolini e sedie a dondolo e un parapetto formato da
colonne tutte diversamente colorate. Quattro
stanze si affacciano su di essa : l’ultima a sinistra è la nostra. Ci
sistemiamo : doccia veloce, un po’ di bucato, quindi via alla scoperta
dell’isola, che si può tranquillamente girare a piedi. Prendiamo
verso sinistra; la strada costeggia il mare che ha colori particolare,
con tutte le tonalità dell’azzurro. Dalla parte opposta le
abitazioni, molto carine, completamente di legno e coloratissime. Dopo
circa un chilometro, superato il “Ristorante Seva’s”, abbandoniamo
la costa e prendiamo la strada che piega verso l’interno; qui il vento
è completamente assente e il sole si sente e come ! meno male che ho il
mio fido cappellino… Troviamo
la deviazione per “Silver Sand” e non ci facciamo di certo
pregare… Poche decine di metri ed eccoci sulla spiaggia : una piccola
baia di sabbia fine e quasi bianca, completamente deserta e con un acqua
che tende al verde. Un
po’ di riposo, quindi ritorniamo sui nostri passi e proseguiamo il
cammino sino a raggiungere la bella “Long Beach”, una spiaggia molto
grande, di sabbia beige con un mare azzurro e onde grandi e
spumeggianti, che si susseguono regolari. Ne
approfittiamo per fare un bel bagno ! la temperatura dell’acqua è
ottima, la sensazione piacevole, il posto incantevole ! Il
tempo di far asciugare il costume e ci rimettiamo in cammino, seguendo
verso sinistra la strada che costeggia la spiaggia e che prende a salire
verso la sommità di “Queen Hill” : in realtà poche centinaia di
metri… Dalla cima della collina però si gode una bella vista sul
porto dell’Isla Grande, che ha un mare azzurro pastello ! Ridiscendiamo
dall’altra parte, tenedo la destra e giungiamo su quella che dovrebbe
essere la più bella spiaggia dell’isola : Pic Nic Beach. Nel
punto in cui la raggiungiamo ci sono tre pescatori intenti a portare in
secca la loro barca, di ritorno dalla pesca, che ci chiedono un aiuto;
volentieri accettiamo, è passiamo la successiva mezz’ora a spingere
su tronchi di palma un’imbarcazione di legno, che non posso immaginare
come faccia a galleggiare, visto il suo peso ! Non
senza fatica riusciamo nell’impresa e dopo i saluti e i ringraziamenti
continuiamo il nostro tour lungo la spiaggia, in direzione del porto. La
sabbia qui è bianca e fine, il mare calmo, senza onde, sembra quasi una
tavola, dal colore azzurro intenso. Non
si può certo resistere a tutto questo…, un altro bagno è d’obbligo
! La
fame si fa sentire, quindi ci sediamo ai tavolini del Pic Nic Center, un
ristorante costruito proprio sulla sabbia, dove mangiare qualcosa per
arrivare tranquilli alla cena e soprattutto reidratarsi ! I
prezzi sono leggermente più alti (circa 10/15 C$ in più), ma non è
affatto male ! Prendo
un’entrata di “tostones e queso” (30 C$), con una coca-cola (10 C$)
e successivamente un succo di pera in lattina (10 C$). Passiamo
circa un ora riposando i piedi, quindi riprendiamo il cammino. Andiamo
in direzione della pista dell’aeroporto, che costeggiamo interamente
sul suo lato sinistro, dove sorgono le baracche degli isolani, sino a
raggiungere il cancello di uscita, da cui siamo transitati quattro
giorni prima. Proseguiamo
in direzione porto e ci fermiamo all’agenzia dell’Atlantic Airlines,
per confermare il nostro volo di domani. Sorpresa ! Non c’è più
posto sul volo delle 08.35 : siamo costretti a prendere quello delle
06.40 ! Altra alzataccia…, ma almeno arriveremo a Managua presto e
raggiungeremo con più comodità San Juan del Sur. Ritorniamo
verso l’hotel e ci fermiamo al bere qualcosa al “Nautilus”,
simpatico bar-ristorante, a un centinaio di metri dal “Best View”.
Prendo un frullato di papaia niente male per 10 C$. La
sera torniamo a cenare proprio qui, insieme ad una coppia di americani,
Sam e Natalie (fratello e sorella), molto simpatici e alla mano, che
hanno la camera proprio di fianco alla nostra. Un
po’ per curiosità, un po’ per nostalgia, un po’ per fame, ordino
un piatto di spaghetti con gamberi in salsa d’aglio, contro il
principio cardine del mangiare in viaggio, che detta : “mai ordinare
piatti italiani all’estero…”. Tuttavia,
sono fortunato : la porzione è abbondantissima, il sapore ottimo, i
gamberi molto numerosi e saporiti, gli spaghetti al dente. Unico neo :
sono cucinati senza sale ! Problema che risolvo in parte con il
formaggio, in parte con il sale da tavola… Costo : 55 C$. Particolare
non indifferente, che non si verifica mai alle nostre latitudini : il
locale non dispone di birra, quindi andiamo a comprarla in una sorta di
spaccio poco distante (costo 10 C$) e la portiamo in tavola, senza alcun
problema… Quando si vede in Italia una cosa del genere ? 22
Gennaio 2003 – Corn Island Grande, Managua, San Juan del Sur. (220
km. in aereo + 142 km. in bus ) Sveglia
alle 05.40 per raggiungere in tempo l’aeroporto, dopo una notte
tranquilla, ventilata, con qualche mosquitos di troppo, nell’unica
volta che non ho schierato la zanzariera da viaggio ! Fondamentali
sono stati i tappi per le orecchie, visto che il fragore delle onde, a
pochi passi dalla stanza, è molto fastidioso. La
signora che gestisce l’hotel non c’è, quindi lasciamo i soldi che
dobbiamo in camera, chiudiamo la porta e lasciamo le chiavi sul tavolo
della cucina, sperando che la donna delle pulizie e/o qualcun altro non
festeggi con i nostri dollariti… Usciamo
in strada e sorpresa gradita : è venuto a prenderci il responsabile
dell’agenzia dell’Atlantic Airlines. Mai cosa fu più gradita !
Evitiamo così di fare la strada a piedi, zaino in spalla. L’aereo
è già in pista e pronto alla partenza; check-in veloce e alquanto
rustico, che stride e si contrappone al meticoloso controllo del
bagaglio a mano prima dell’imbarco. Inoltre
passiamo sotto un metal detector, che secondo me è solo un deterrente
psicologico, visto che non mi sembrava essere in funzione… Altro
particolare simpatico : un ragazzo in partenza, ha nel bagaglio a mano
una bottiglia di “Flor de Caña”, che gli viene imbarcata come
bagaglio normale ! La ritroveremo a Bluefields, per terra, insieme alle
valigie… Partenza
in perfetto orario e dopo una ventina di minuti scalo tecnico a
Bluefield, dove lasciamo Marcus, che proseguirà il viaggio, dopo una
notte qui, in panga e bus. Saluti
di rito, con un compagno di viaggio veramente simpatico, che ci ha
accompagnato con allegria per sette giorni ! Un’altra
ora di volo e atterriamo a Managua : sono le 07.40 del mattino ! Ne
approfittiamo per andare allo scalo internazionale e comunicare con casa
via internet, nonché per cambiare un po’ di soldi in cordobas, in
modo da non avere il contante con cui concludere il nostro soggiorno in
Nicaragua. Raggiungiamo
la sala dello scalo internazionale, dove il punto internet è presso
l’ufficio postale, proprio di fronte all’entrata : non si può non
vederlo ! Connessione rapidissima : 1 $, mezz’ora. Poi
andiamo allo sportello bancario, dove effettuo un prelevamento di 1.500
C$ con la carta di credito. Contrariamente a quanto mi aspettavo,
l’operazione è veloce e priva di lentezze burocratiche, firme e
controlli vari. Mentre
ripercorriamo il corridoio che porta all’entrata principale dello
scalo internazionale, incontriamo Roberto, conosciuto a Ometepe, che è
in attesa del volo per l’Italia. Scambiamo
quattro chiacchere, parlando soprattutto di San Juan del Sur, dove noi
ci stiamo recando e da dove lui invece arriva : qualche indicazione su
come muoverci, dove dormire, e mangiare, su com’è il posto. Quindi un
cordiale arrivederci e riprendiamo il nostro viaggio. Usciamo
dall’aeroporto e attraversiamo la strada ponendoci sulla carreggiata
che va verso il centro città : pochi istanti, un gesto con la mano, due
parole per concordare il prezzo giusto (40 C$) e siamo su un taxi, che
in circa quindici minuti ci porta al terminal centrale. Non
facciamo a tempo ad uscire dall’auto che veniamo letteralmente
“caricati” sull’espresso per la frontiera di Peñas Blancas. Due
ore di viaggio e siamo al terminal di Rivas, dove il bus fa una piccola
sosta, quindi prosegue per il confine di stato, lasciandoci alla “Virgin”,
ovvero il nome con cui è identificato l’incrocio per San Juan del Sur
: sono le 11.20. Il
bus per San Juan del Sur, proveniente da Rivas, dovrebbe passare intorno
alle 12.00; di conseguenza, decidiamo di fermare un taxi che ci porti
subito e più velocemente a San Juan. Trovarlo
non è difficile; ne passano infatti continuamente e funzionano un po’
come collectivos, nel senso che sin quando hanno posto, caricano
persone… Noi
lo dividiamo con altre sei persone e in un quarto d’ora giungiamo
nella località turistica più nota del Nicaragua. Chiediamo
al tassista se ci accompagna alla ricerca di una sistemazione, in modo
da non girare con lo zaino a spalle e cominciamo a visitare i diversi
hospedaje menzionati dalla guida. I
primi che prendiamo in considerazione sono l’hotel “Estrella” e
“El buen gusto”, che si fronteggiano e sono posti di fronte alla
spiaggia. Nessuno dei due però ci soddisfa : vuoi per le camere, vuoi
per i bagni e/o per l’aspetto. Decidiamo
quindi di lasciare il taxi e girare a piedi tra le vie : paghiamo 10 C$
per il passaggio, più 5 C$ di extra per l’accompagnamento ! San
Juan mi appare subito una bella cittadina, viva e piena di turisti e
viaggiatori. Ci
sono molti ristorantini, tutti o quasi localizzati sul lungo mare, bar,
pulperie, hospedaje e hotel (alcuni belli, moderni e ben curati). Prendiamo
in considerazione, l’hotel che ci ha segnalato Roberto in aeroporto,
ma il rapporto qualità-prezzo, mi appare un tantino spropositato;
nonostante il bell’aspetto dell’entrata, infatti, le camere sono
piccole, tristi e poco invitanti. La doppia con bagno costa 33 $, senza
bagno 25 $ : uno sproposito. Prendiamo
la parallela al lungo mare e ci imbattiamo nell’hospedaje “Beach Fun
Casa 28”, proprio di fronte al “Comedor Soya” e al “Leo’s
Internet Point”. Di
uno sgargiante colore blu, l’hospedaje a conduzione familiare dispone
esclusivamente di stanze con bagno in comune, ma l’ambiente è
accogliente, accattivante e l’atmosfera mi piace subito. Le
camere sono disposte in su due piani in una costruzione a L, che di
fronte ha un piccolo giardino; quelle al piano terra sono un po’ più
piccole, ma le tre al primo piano sono grandi, spaziose, abbastanza
pulite e pur nella loro essenzialità, estremamente vivibili. Il
costo poi è ottimo : la doppia viene 100 C$ a notte ! La prendiamo ! I
due bagni sono a piano terra, uno ha annesso, l’unica doccia, molto
spaziosa, pulita e con un getto d’acqua generoso, anche se freddo. Di
fianco c’è il lavandino dove poter fare il bucato e i fili dove
stendere la propria roba ad asciugare. E’
possibile anche mangiare : la signora, gentilissima, infatti cucina su
ordinazione a prezzi ottimi, così, prima di uscire in perlustrazione,
ordiniamo per cena un bel filetto di pesce. Raggiungiamo
inconsapevolmente il mercato, che si trova nella parallela successiva
verso l’interno, e andiamo a mangiare in uno dei comedor che si
trovano al suo interno. Ce ne sono tre, uno di fianco all’altro, con i
tavoli di fronte . noi scegliamo il “Comedor Angelina”. Per 25 C$
mangio un ottimo filate con gallo pinto e tostones; Michele invece per
35 C$ un pescado intero. L’ambiente
è carinissimo, si respira tutta la tranquillità che il Nicaragua può
regalare, tutti i sapori e gli odori e il colore e calore della sua
gente. Sulla
sinistra c’è “El Cafetin”, un piccolo locale, aperto il mattino,
che prepara solo colazioni, gestito dalla simpaticissima Daniela, una
ragazza italiana, di Firenze. Nei prossimi giorni ci torneremo… Prima
di andare in spiaggia facciamo un giro nella parte del paese che si
trova dietro il porto, passando per la piazza della chiesa e di fronte
al murales di Sandino ed entrando, esclusivamente per curiosità,
all’hotel “Colonial”, per chiedere quanto costa una doppia con
bagno : 40 $ a notte ! Finalmente
in spiaggia… Entriamo nella bella baia di San Juan, dalla parte del
porto e da qui già si vede la perfetta forma a mezza luna di questo
litorale. La
spiaggia è molto ampia a causa della bassa marea e la sabbia di un
beige scuro, compatta, dura e perfettamente liscia. Lungo
tutto il perimetro, si sviluppa il paese e sul “malecon”, che
accompagna la spiaggia si susseguono i bar-ristoranti, tra i quali il più
famoso è sicuramente “Ricardo’s”. Prendiamo
posto con i nostri teli e ci godiamo un po’ di sole in attesa del
tramonto, definito come il più bello del Nicaragua. Verso
le 17.00, l’alta marea dimezza l’ampiezza della spiaggia e
spostandoci in una posizione più centrale per apprezzare a pieno il
tramonto di San Juan, ritroviamo Enrico, conosciuto durante l’ascesa
al vulcano Maderas e ci fermiamo con lui e la sua compagna di viaggio. Ci
propongono di andare con loro a vedere lo schiudersi delle uova di
tartaruga al Parco Naturale del Coco : bisogna noleggiare una tenda,
prendere l’autobus delle 14.00 il parco e dormire una notte fuori per
vedere questo miracolo della natura… Michele sembra propenso per il
si…, io invece sono un po’ titubante; decideremo più tardi sul da
farsi… Intanto
ci lasciamo sorprendere dal tramonto; bello e suggestivo, ma non poi così
fantastico come lo pubblicizzano… La
sera rimango piacevolmente sorpreso e soddisfatto invece della cena che
la signora ci fa trovare pronta. Un ottimo e abbondante filetto di pesce
con riso e tostones e un gustoso refrescos; il tutto per 30 C$, ovvero 2
euro !!! Concludiamo
la serata facendo un giro per il malecon e ci fermiamo a bere qualcosa
al bar “Marie’s”, di fronte al ristorante “Il Timone”, dove
c’è un pò di vita e movimento con musica e possibilità anche di
mangiare. E’ molto conosciuto, poiché è indicato su quasi tutte le
guide, ma la sua fama risale a quando il proprietario era Marie, che
ormai l’ha venduto da qualche anno ! Le
famose insalatone e i primi piatti a base di pasta, vengono cucinati dal
ristorante di fronte e tutto sommato non mi sembravano così
trascendentali a vista, quindi molto meglio andare a mangiare altrove ed
utilizzarlo come locale per il dopo cena. 23
Gennaio 2003 – San Juan del Sur, Rivas, San Juan del Sur. ( 58 km. ) Abbiamo
deciso di non andare al Parco Naturale del Coco, ma di fare una visita
di mezza giornata a Rivas e il pomeriggio goderci la spiaggia di San
Juan, così alle 08.30 prendiamo il bus, che parte proprio davanti al
mercato. In circa un’ora siamo al terminal di Rivas : costo del
viaggio, 8 C$. Come
prima cosa, facciamo un bel giro nel mercato, che si sviluppa dietro il
terminal, quindi raggiungiamo il parco cittadino alle spalle del quale
si trova la cattedrale. Lungo
la strada che porta al centro cittadino, le bancherelle vanno via via
diradandosi lasciando il posto a negozi, banche e farmacie. Entriamo
nella prima “pulperia” che incontriamo e acquistiamo il mitico ron
“Flor de Caña Centenario”, per 146 C$ : il prezzo è quello
consigliato, non si può trattare ! La
piazza e poco distante, solo una quadra e non si può sbagliare, visto
che le guglie della cattedrale si notano sopra i tetti delle case : si
viaggia a vista. La
cattedrale ha un non so che di decadente, che la rende affascinante, ma
è molto lasciata andare rispetto a quelle che ho visto negli altri
centri visitati. Qualche
scatto e via, risalendo la parallela alla strada che ci ha portato qui.
Un annuncio pubblicitario però catalizza la mia attenzione : promozione
internet, 1 ora per 12 C$ !!! E’ il prezzo più basso trovato, sarebbe
stupido non approfittarne ! ma solo dopo il desajuno, che consumiamo
poco lontano, in una “Soda” (un comedor…) di fronte alla stazione
di polizia : gallo pinto con tortillas e cafè negro, 25 C$. Rifocillati,
ritorniamo all’internet point e in un’ora comunichiamo un po’ con
tutti, spendendo solo 12 C$ ! Quindi risaliamo sino al terminal, dove
troviamo in partenza il bus per San Juan. Un’altra
ora di viaggio e siamo di nuovo a “Casa 28”; il tempo di lasciare i
nostri acquisti e di scoprire che non possiamo farci la doccia perché
manca l’acqua… Nessun
problema : andiamo subito in spiaggia ! Obbiettivo
del pomeriggio è quello di salire sulla collina che si trova a ridosso
della spiaggia, per avere una visuale dall’alto di San Juan. Percorriamo
interamente la spiaggia verso destra sino ad incontrare gli scogli; li
superiamo agevolmente e sulla destra troviamo una ripida scalinata che
consente di risalire la collina, fino alla sua sommità. Dall’alto
la vista è incredibile : si domina l’intera baia caratterizzata dalla
perfetta forma a mezza luna della spiaggia, con a ridosso il paese. Riscendiamo
dalla parte opposta, seguendo la strada, tra case eleganti e villette
con piscina e ritorniamo sulla spiaggia. Un
bel bagno rinfrescante, quindi ci dirigiamo verso il centro della baia,
prendendo posto nelle sdraio a disposizione dei clienti, di fronte al
bar “Ricardo’s”; per dissetarci una coca-colita, che nel prezzo ha
compreso l’uso dei gadget da spiaggia… (bibite 20 C$, birre 25 C$). Il
sole picchia e forte, ma forse perché oggi il vento è meno intenso del
solito, oppure siamo in una posizione più coperta. Il
tramonto, complice qualche nuvola che vela il cielo ci riserva invece
uno spettacolo molto bello, fatto di colori quasi irreali e atmosfera. Un’ultima
Toña aspettando il consolidarsi del buio, quindi facciamo ritorno a
“Casa 28”, dove conosciamo Stefano, un altro ospite italiano, che
per la seconda volta viene in Nicaragua e visto che ha un lavoro
stagionale, ci starà per 3 mesetti… Una vena di invidia, mi solca la
mente… Per
la cena optiamo per il ristorante “Lago Azul”, il primo sulla
sinistra sul lungo mare, venendo dal porto, consigliato dalla nostra
guida. L’aspetto
mi ispira abbastanza, anche se siamo i soli nel locale ! Ordino
gamberi all’aglio che si rivelano ottimi e abbondanti, accompagnati
dall’immancabile riso, da tostones e bagnati con due Toña; prezzo,
140 C$, visto che purtroppo sul conto ci viene calcolato il 10% in più
quale mancia (prassi comune, ma raramente usata qui in Nicaragua). Per
Michele invece un’abbondante e gustosa zuppa di pesce per 90 C$. Dopo
cena, un po’ per voglia un po’ per nostalgia raggiungiamo la
Pizzeria “O sole mio”, in fondo al malecon dalla parte opposta,
sperando di bere un buon cafè. Il
ristorante è gestito da Paolo, ragazzo gentile, cordiale e simpatico,
che è qui in Nicaragua ormai dal 1997 e che ha messo su un locale
veramente molto bello, dove il servizio è ben curato, le pietanze
cucinate ad arte, la scelta ampia e stuzzicante e i costi contenuti, in
linea con quelli degli altri locali, anche se, dopo aver provato la sua
cucina, il paragone non reggerà più di tanto. Se
venite a San Juan del Sur vi consiglio, anzi stra-consiglio di venire a
cenare almeno una volta qui, per assaggiare tutti i sapori e gli odori
della cucina Nica, impreziosita dall’esperienza culinaria italiana;
non a caso il locale è sempre pieno ! Ditegli pure che avete trovato
questo suggerimento in rete, grazie a me e vedrete che, non solo per
questo, vi tratterà bene e soprattutto rimarrete soddisfatti, come lo
siamo stati noi l’ultima sera trascorsa qui ! Anche
il cafè non è affatto male; certo non può essere l’espresso a cui
siamo abituati, ma ci si avvicina molto. Proprio
Paolo, con cui ci intratteniamo a parlare, ci consiglia un’escursione
da fare : arrivare sino a Playa Hermosa a piedi partendo dal El Remanso,
in modo da vedere tre bellissime spiagge. Consiglio che non ci facciamo
ripetere due volte ! Sacrificheremo
Montezuma in Costarica, unica tappa che volevamo fare, per goderci sino
all’ultimo il Nicaragua…, scelta che a dire il vero avevamo già
maturato da soli ! Alle
22.00, la piccola San Juan del Sur è già tutta buia… Un’ultima
birra in una sorta di birreria sulla parallela al malecon, che espone in
bella vista uno striscione che pubblicizza l’offerta di “due
Victoria al prezzo di una” (il posto è pieno di ubriachi e
sinceramente ve lo sconsiglio…), quindi torniamo a “Casa 28”. 24
Gennaio 2003 – San Juan del Sur, El Remanso, Playa Tamarindo, Playa
Hermosa, San Juan del Sur. ( 12 Km. in taxi + 6 Km. a piedi ) Sveglia
alle 08.00 e come prima cosa colazione al mercato, nel comedor di Ixtel,
notevole bellezza locale… Michele si fa il consueto gallo pinto,
mentre io mi accontento di una tazza di café negro. Usciti
in strada, contrattiamo con un tassista per essere portati a El Remanso
e successivamente essere riportati indietro. Contrattando un po’, ci
accordiamo per 150 C$ andata e ritorno; prezzo onesto ! La
strada per El Remanso è relativamente breve, solo 6 Km., ma a causa
delle pessime condizioni della strada, sterrata e piena di buche, ci
impieghiamo quasi mezz’ora. Raggiungerlo
è semplice; infatti, una volta usciti dal paese e passati di fronte al
distributore della Texano, bisogna prendere a destra e proseguire sempre
diritto : si arriva direttamente in spiaggia ! Qui
ci lascia il taxi e paghiamo metà della corsa (75 C$), mettendoci
d’accordo per il ritorno alle 14.00. La
spiaggia di El Remanso è costituita da una piccola baia concentrica, di
sabbia scura, compatta e liscia, con un mare dal colore blu profondo di
fronte, in cui i pellicani si tuffano alla ricerca di cibo. Sulla
sinistra ci sono gli scogli ed è proprio da qui che comincia la nostra
camminata verso Playa Hermosa. Seguiamo
la costa passando facilmente sopra gli scogli e godendoci lo spettacolo
naturale del mare sulla nostra sinistra. La
prima baia che incontriamo è la piccola Playa Tamarindo; costituita di
sabbia fine e beige, con alle spalle una brulla vegetazione e di fronte
un grosso scoglio solitario. La
superiamo e proseguiamo ancora sugli scogli, sino a raggiungere un
grande costone che si tuffa nel mare, sul quale non è possibile
camminare. A questo punto sulla sinistra si trova un piccolo sentiero,
che consente di superarlo scavalcandolo, invece che circumnavigandolo a
piedi lungo il suo perimetro. Il
sentiero, sale sul costone e sbuca dalla parte opposta, proprio
all’inizio della splendida Playa Hermosa; per raggiungerla abbiamo
impiegato circa 45 minuti. La
spiaggia è incredibilmente bella. Ampia e lunghissima, completamente
deserta : ci siamo solo io e Michele ! La
sabbia ha un colore beige scuro ed è compatta e levigata a causa della
bassa marea e del vento che soffia a folate dall’interno; alle spalle
si profilano verdi colline e di fronte, a poche centinaia di metri,
dalla riva si staglia un grande scoglio. Il
mare è calmo e di un blu scuro, che sembra quasi nero e moltissimi sono
i pellicani e i gabbiani che a grandi stormi vi si tuffano alla ricerca
del loro pasto quotidiano. Le
onde sono piccole e lunghissime e spingono l’acqua lentamente,
formando uno specchio su cui il cielo si riflette specularmene. Restiamo
qualche ora a prendere il sole, che è intenso, ma sopportabile, grazie
al vento; quindi verso le 12.45 ritorniamo indietro verso El Remanso. Puntuale
alle 14.00 arriva il taxi, ma non è lo stesso di questa mattina; a
prenderci è venuto il simpatico Francisco, che ci riporta proprio
davanti a “Casa 28”, per i restanti 75 C$, che avevamo pattuito. Una
bella doccia, che evidenzia tutto il sole che abbiamo preso nella
mattinata e via, di nuovo fuori. Attraversiamo
la strada e entriamo al comedor “Soya”, dove oltre a mangiare la
comida corrente, si può anche trovare da dormire a prezzi molto
economici. Michele mangia, mentre io mi accontento di una coca-colita ! A
mio parere è molto meglio andare ai comedor del mercato, che offrono
una scelta, un aspetto e un servizio di gran lunga migliore a parità di
prezzo ! Rifocillati,
prendiamo la traversa che porta verso il distributore della Texano, alla
ricerca del punto internet più economico del paese. Lo troviamo
facilmente, visto che si trova subito sulla destra, ma non possiamo
utilizzarlo : manca la corrente ! Continuiamo
così il nostro giro, risalendo la strada sino in cima e svoltando
quindi a destra verso il centro paese. Subito sulla sinistra troviamo la
Pizzeria San Juan, gestita dall’italianissimo Maurizio, uomo di mezza
età, che si è stabilito qui e vive con una ragazza diciottenne, che da
poco gli ha dato un figlio. Da
lui potete trovare pizze intere o al trancio (che non sono niente male,
ma non aspettatevi troppo…), dolci e primi piatti, ma solo su
ordinazione e per la cena. I costi vanno dai 60 ai 100 C$ a seconda di
cosa ordinate per i primi, 10 C$ per i tranci di pizza. Mi
ha fatto una strana impressione, che non voglio descrivere; se decidete
di passarci, tirate voi le vostre conclusioni. Ritorniamo
al punto internet, ma la corrente non c’è ancora…, quindi
proseguiamo sino al parco e entriamo nella vicina “Casa Oro”, che
funge da centro di informazioni turistiche, oltre che da ostello. Scopriamo
con piacere che la mattina c’è la possibilità di usufruire di un
passaggio gratuito per Majagual, sul pulmino dell’unico hospedaje
esistente in loco; parte alle 10.30 davanti a “Casa Oro”. Cominciamo
a maturare l’idea di passare una notte a Majagual… Manca
ancora la corrente, ma non nella nostra zona, così decidiamo di
utilizzare i PC del simpatico Leo, che offrono una connessione
abbastanza rapida per 40 C$ all’ora (30 minuti, 20 C$). Per
cena ordiniamo alla signora una comida a base di pescado : pargo rojo e
nuovamente restiamo ampiamente soddisfatti. La
serata la concludiamo a “Casa 28” in compagnia di coca e ron ! 25
Gennaio 2003 – San Juan del Sur, Majagual. ( 6 km. in auto ) Dopo
una notte abbastanza movimentata per il forte vento che l’ha resa
quasi fredda, costringendomi a indossare pantaloni e maglietta a maniche
lunghe, ci alziamo alle 09.00 e come prima cosa torniamo a “Casa
Oro” per avere conferma di tutte le notizie avute ieri, al fine di
organizzare una notte a Majagual. Conferma
piena ! Il pulmino gratuito parte alle 10.30 ogni mattina ad eccezione
della domenica, di fronte a “Casa Oro”. Per tornare si può prendere
lo stesso pulmino, che parte la mattina alle 09.00 da Majagual, oppure
se si ha necessità di essere a San Juan più presto, è necessario
accordarsi con un tassista per farsi venire a prendere; costo del
passaggio, 80 C$ ed è possibile prenotarlo tramite “Casa Oro”. Visto
che la cosa è fattibile, decidiamo di dedicare la giornata di domani e
l’ultima notte in Nicaragua a Majagual, accordandoci per avere un taxi
che ci riporti a San Juan alle 06.00 di martedì mattina, in modo da
raggiungere la frontiera e San Jose del Costarica con comodo ! Pianificati
gli ultimi giorni di viaggio, andiamo al mercato a fare colazione. Ci
sediamo a “El Cafetin” di Daniela, pimpante e simpatica ragazza
fiorentina, che a prezzi stracciati, prepara tutte le mattine un ottimo
desajuno e un buon cafè in moka, all’insegna dell’allegria e della
spensieratezza. Gioiosa, disponibile e socievole, renderà
“scoppiettante” il vostro inizio di giornata… Se
venite a San Juan del Sur, passate a trovarla, fate colazione da lei e
soprattutto salutatemela !!! Dopo
aver scambiato quattro chiacchere, salutiamo Daniela e andiamo in
spiaggia, dove, fatta mente locale e aver nuovamente pensato ai giorni
che mancano alla partenza, realizziamo, che martedì è il giorno del
nostro decollo da San Jose, quindi è praticamente impossibile riuscire
ad andare a Majagual domani : se vogliamo vederla, dobbiamo farlo oggi ! Ci
azioniamo subito : torniamo a “Casa Oro” e spostiamo il taxi a
domani mattina, quindi mentre andiamo verso “Casa 28” per prendere
gli zaini, contrattiamo con un tassista il passaggio sino a Majagual per
80 C$. Zaino
preparato velocemente, paghiamo la signora e usciamo e sorpresa…,
ritroviamo Enrica, Claudia e Nello, che sono appena arrivati a San Juan
! Hanno
la macchina, noleggiata a Granata e anche loro vogliono andare a
Majagual : cosa c’è di meglio ? Neanche se ci fossimo dati
appuntamento saremmo stati più tempisti !!! Congediamo
lo sfortunato tassista, che vede sfumare i suoi 80 C$ e caricati anche i
nostri zaini sull’auto, partiamo alla volta di Majagual, nuovamente
tutti insieme. Sono
veramente contento di dividere con loro ancora qualche giorno di questo
viaggio; è veramente strano come mi senta in sintonia con questi nuovi
amici, che mi sembrano invece vecchie conoscenze, collaudati compagni di
viaggio, persone particolari e un po’ speciali, che hanno contribuito
a rendere la mia esperienza in Nicaragua così speciale. Usciamo
dal paese e poco oltre, verso sinistra troviamo la deviazione per
Majagual. La
strada non è molto lunga, ma le sue condizioni rendono lo spostamento
un po’ ostico, anche per il pieno carico dell’auto, che arranca in
salita sulla strada sterrata e spesso tocca sotto sui dossi ! In
due circostanze inoltre, preferiamo scendere, per consentire a Enrica,
pilota degno di tal nome, di affrontare con più tranquillità un erta
salita e un ponte di legno ! In
mezz’ora raggiungiamo l’Ecologic Lodge, unica sistemazione della
zona, gestito da un australiano, sulla spiaggia di Majagual. E’
molto carino, ben curato, con ristorante, bar, un ampia veranda immersa
nell’ombra della vegetazione a poche decine di metri dalla spiaggia,
che gli si apre di fronte. Le
sistemazioni non sono molte, ma fortunatamente troviamo due stanza
libere : una tripla, in cui ci sistemiamo io, Michele e Nello e una
doppia in cui vanno le “bambine” ! Il
costo è di 14 $ per la tripla, ma comunque bisogna versare al momento
della registrazione una caparra di 20 $, visto che tutto quello che si
consuma viene addebitato sulla camera e al momento del pagamento del
conto, si integra la caparra o si riceve il resto. La
camera è dignitosa, pulita, abbastanza ampia con un letto matrimoniale
e un letto a castello. Il bagno non è da meno : in camera, con la
doccia, ma solo acqua fredda. Il
tempo di sistemarsi e siamo in spiaggia; molto carina e di sabbia fine e
dorata. Il mare invece è di un azzurro intenso e l’acqua è un
tantino fredda. Il
vento che soffia da terra è un po’ fastidioso e non fa altro che
scaraventarti sabbia addosso, ma se si va verso destra, superato un
primo scoglio che entra ne mare, si apre un’altra piccola ansa
riparata, dove questo inconveniente viene eliminato quasi del tutto. Trascorriamo
l’intera giornata al sole, parlando e raccontandoci le rispettive
esperienze vissute; per noi purtroppo è la fine del viaggio…, i
nostri amici sono invece solo a metà ! Il
tramonto anche qui è molto bello e particolare ed il sole infuoca il
cielo prima di morire nel mare; lo seguiamo con lo sguardo ed in
silenzio…, poi tutti in doccia, per prepararsi alla cena ! L’unico
ristorante disponibile è quello del lodge, quindi non abbiamo problemi
di scelta ! Unica attenzione da prestare è l’ora dell’ordinazione :
va fatta prima delle 20.00, altrimenti si resta senza cena ! Io
ordino il consueto filetto, Michele un pescado, i nostri compagni le
lasagne…, che si riveleranno poco invitanti… Concludiamo
la serata con carte e ron, quindi tutti in branda. 26
Gennaio 2003 – Majagual, San Juan del Sur. ( 6 km. in auto ) Sveglia
alle 08.15 e dopo un summit con gli altri durante la colazione,
decidiamo di lasciare Majagual, che merita a mio parere un solo giorno e
non di più e tornare a San Juan del Sur. Detto,
fatto : paghiamo il nostro conto, ricarichiamo l’auto e poco meno di
mezz’ora siamo sulla spiaggia di San Juan, nel vero senso della parola
! Comincia
la ricerca del posto dove passare l’ultima notte Nica, almeno per me e
Michele… Dopo
vari tentativi andati a vuoto, ci dirigiamo nuovamente a “Casa 28”,
dove ritroviamo la stessa camera che avevamo lasciato e la signora ben
felice di riaverci come ospiti, mentre Enrica, Claudio e Nello, che
preferiscono una camera con bagno, trovano posto all’hopedaje “La
Flor”, proprio sulla strada alle spalle del nostro alloggio. Appena
sistemati, andiamo a farci un cafè al “Cafetin” di Daniela; visto
che sono al mercato, ne approfitto per comprare il frijoles (3 Kg., 5 C$)
da portare a casa. Quindi
un bel giro di San Juan ed infini uno spuntino da Ricardo’s a base di
macedonia di frutta, prima di trascorrere il resto del pomeriggio sulle
sue sdraio, godendoci l’ultimo sole Nica. Il
tramonto, neanche a farlo apposta ci regala uno spettacolo ai confini
della realtà : il cielo è pieno di piccole nuvole bianche che creano
uno scenario incredibile, nel momento in cui il sole va a morire nel
mare. Tutto diventa rosso, velato di viola, senza soluzione di continuità
: non solo l’orizzonte, ma anche il cielo sopra di noi sembra prendere
fuoco… La
cena è poi memorabile… Andiamo da Paolo alla “Pizzeria O sole
mio”, dove mangiamo veramente molto bene. Rinnovo a tutti il consiglio
di andare a mangiare da Paolo se capitate a San Juan : sicuramente il
posto dove si mangia meglio e che offre il miglior rapporto qualità/prezzo. L’aperitivo
lo offro io : una bella bottiglia di “Flor de Caña” invecchiato 7
anni, che svanisce rapidamente…, quindi un assaggio di tortelli al
pesce, e un ottimo filetto, accompagnato da riso e insalata, bagnato
dall’immancabile Toña. Paolo
ci offre invece il leoncino, che gradiamo molto volentieri… Una
serata molto carina, che scorre via veloce; sembra quasi che il tempo
negli ultimi giorni di un viaggio, passi molto più rapido… Siamo gli
ultimi a lasciare il locale, verso le 22.00 e ripercorriamo tutto il
malecon, sino alla traversa che porta verso il mercato. In
giro ci siamo solo noi…; prima inevitabile tappa all’angolo della
prima parallela, dove si trova “Casa 28”. Restiamo diverso tempo a
parlare sulla via, come se non volessimo salutarci…; ora che ci siamo
ritrovati, ci dobbiamo nuovamente lasciare, le nostre strade si separano
ancora una volta… I
saluti di rito, gli imbocca al lupo e via…, ognuno per la sua
strada…, purtroppo… 27
Gennaio 2003 – San Juan del Sur, Peñas Blancas, Alajuela (Costarica).
(
24 km. in bus + 250 km. in pullman ) Alle
07.00 lasciamo “Casa 28” e andiamo a prendere il bus per Rivas, che
ci dovrà portare sino all’incrocio con la strada principale. Parte di
fronte al mercato alle 07.30 e il costo per la “Virgin” è di 5 C$. Visto
che siamo in anticipo, a turno entriamo al mercato a prendere un cafè
negro, quindi puntuale il bus lascia San Juan del Sur, come al solito
annunciando la partenza con sonore strombazzate. In
circa mezz’ora raggiungiamo la “Virgin”; il bus che porta a Peñas
Blancas ci aspetta sul ciglio della strada; neanche il tempo di salire,
che siamo in movimento. Venti
minuti e altri 5 C$ e raggiungiamo la frontiera. Il bus ci lascia a
poche decine di metri dalla zona franca, che percorriamo a piedi; ci
sono moltissime persone, e ai margini della strada si susseguono le
bancherelle che vendono di tutto. Prima
di accedere alla zona franca di frontiera è richiesto il pagamento di
una tassa comunale, pari a 1 $ o a 14 C$, che vengono richieste e vanno
pagate subito ad un funzionario, che si trova prima del cancello di
accesso della frontiera. Una
volta pagato, si entra nella zona franca e bisogna tenere la sinistra e
raggiungere l’ultima palazzina sul fondo, dove si trova
l’immigrazione Nicaraguense. Percorriamo
i duecento metri a piedi col nostro zaino sulle spalle, e ci accodiamo
agli sportelli; sfortunatamente prima di noi è arrivato il Ticabus, che
attraversa tutta l’america centrale e c’è una discreta coda ! Se
si è provvisti della carta di ingresso, che si riceve al proprio arrivo
in Nicaragua, non è necessario compilare alcun modulo : basta
presentare il passaporto e il permesso di soggiorno turistico e pagare 2
$ (quindi conservatevi qualche banconota di piccolo taglio…) come
tassa di espatrio. Espletate
le formalità alla frontiera Nica, facciamo dietro-front e torniamo sui
nostri passi, dirigendoci verso la frontiera Tica, che è facilmente
individuabile : si trova dritto, di fronte al cancello di accesso, basta
seguire la fila dei camion… Proseguiamo
tenendo la sinistra, costeggiando la colonna dei camion; primo controllo
passaporti, effettuato da due guardie costaricensi, quindi sempre
diritto e incontriamo il cartello che individua il confine. Foto di rito
sotto quest’ultimo…, quindi ancora diritto. Arriviamo
in uno spiazzo, in cui destra c’è una pensilina e diversi bus e a
sinistra il ristorante “La frontiera” : entriamo dal lato destro di
questa struttura e ci incolonniamo per passare il controllo
dell’immigrazione del Costarica. Fare
ben attenzione a non entrare dal lato destro, perché la fila parte da
sinistra !!! Mentre
aspettiamo in coda, cambio gli ultimi cordobas nicaraguesi e venti
dollari in colones costaricensi a uno dei molti “coyotes” (cambia
valute…) presenti nella struttura : il cambio mi appare favorevole e
solo di poco si discosta da quello effettuato dall’ufficio bancario
alla mia sinistra. Circa 350 colones per ogni dollaro. Nel
frattempo la colonna si muove, dato che nell’atrio, delimitato da una
vetrata, in cui sono sistemati gli sportelli dell’immigrazione, un
agente di polizia fa entrare circa una ventina di persone alla volta. Ci
vuole circa una mezz’ora per espletare questa fase burocratica, anche
perché bisogna compilare un coupon prima di ricevere il visto turistico
: in compenso non viene richiesto alcun pagamento ! Usciamo
dal lato da dove siamo entrati e mentre io custodisco gli zaini, Michele
attraversa la strada e entra nella biglietteria della “Transporte
Dulce” e acquista i biglietti del pullman per San Jose : costo, 1.900
Colones. Provvisti di biglietto ci incolonna sotto la pensilina con
tutti gli altri in attesa di partire. Prima
di salire sul bus, viene effettuato un controllo bagagli, più
convenzionale, che reale, quindi si sistema il bagaglio, spiegando quale
sarà la propria destinazione, in modo da non ritrovarselo dietro a
tutti gli altri al momento di scendere e si sale sul pullman. Consiglio
: fate prima che potete e una volta saliti, prendete subito posto, perché
vengono venduti più biglietti di quanto siano i posti a sedere e se ci
si attarda, si resta in piedi ! Il
viaggio dalla frontiera a San Jose dura circa 5 ore e non viene
effettuata alcuna sosta. La
differenza fra i due paesi, appare subito netta e marcata : praticamente
nello spazio di una frontiera, sembra di compiere un balzo in avanti di
cinquant’anni ! Il
Costarica, per quello che riesco a scorgere, dai finestrini del pullman
che ci porta verso San Jose mi appare subito un paese molto organizzato,
con strade larghe e perfettamente asfaltate; i mezzi sono in ottimo
stato, moderni e la cartellonistica stradale, ricalca quella americana. Niente
a che vedere con il Nicaragua : ma non è di sicuro la stessa cosa ! Cuore
e anima non si inventano, non si comprano, non si creano : ho ce l’hai
o non ce l’hai ! Il
Nicaragua ha mantenuto una propria identità, che si manifesta con forza
in ogni attimo di vita quotidiana, nei gesti, nelle parole, nelle città,
tra la gente; l’afferma con orgoglio e la difende e ciò colpisce
immediatamente a discapito della povertà e dei pochi mezzi attualmente
a disposizione, che finiscono per diventare marginali. Il
Costarica, la “Svizzera” del centro america, invece, mi è sembrato
che questa identità l’abbia dimenticata, perduta, sepolta,
barattata…, diventando irrimediabilmente una “copia” di quello
stereotipo del modello statunitense a cui tende. Verso
le 12.30 arriviamo all’aeroporto di San Jose, che dista 18 Km. dalla
capitale e qui scendiamo, dato che non è nostra intenzione pernottavi.
Inoltre dobbiamo confermare il volo di domani, quindi, entriamo in
aeroporto nella speranza di poterlo fare. L’aeroporto
è veramente molto bello e funzionale e moderno; una struttura
apparentemente nuova e recente. Non
riusciamo nel nostro intento di confermare il volo, ma apprendiamo che
non è necessario, quindi lasciamo l’aeroporto e prendiamo subito un
bus per Alujella, piccola cittadina a soli 2 Km., logisticamente più
comoda per trascorrere l’ultima notte : costo, 300 colones. In
circa 10 minuti siamo al terminal di Alujella, che non ha niente in
comune con i fatiscenti e sporchi terminal nica, ma questo è dovuto
solo alla ricchezza…: probabilmente 15/20 anni fa anche questo,
avrebbe avuto l’aspetto dei terminal di Managua. Accompagnati
da una gentile ragazza a cui Michele a chiesto informazioni,
raggiungiamo l’Hotel Alujella, poco lontano, dove prendiamo, per il
prezzo non poi così economico di 40$, una doppia con bagno : la voglia
di cercare un posto più economico non c’è, annebbiata dalla
malinconia della fine del viaggio…, tanto è l’ultima notte ! La
camera non è niente di eccezionale; pulita, ma piccola, buia, con un
forte odore di naftalina e nessuna finestra che da sull’esterno, ma
solo una che da sul corridoio. Anche il bagno non fa eccezione : pulito,
ma con acqua gelata ! La
fame si fa sentire, quindi consigliati dal ragazzo della reception,
raggiungiamo il vicino mercato e ci sediamo alla “Soda hermanos
Gonzales”, dove la “comida es muy veloce y rica !” Il
mercato non è molto ampio e vende solo generi di prima necessità,
niente di artigianato. Facciamo
un bel giro della città, trafficata e piena di negozi e centri
commerciali; sembra di stare in europa, o forse sarebbe meglio dire in
america… I
semafori sono posti in alto al centro dell’incrocio, lo smog non è
indifferente, l’inquinamento acustico notevole, la gente va di fretta
lungo le strade, ostentando quell’indifferenza che caratterizza le
nostre “normali” giornate : praticamente siamo già tornati a
casa… I
prezzi sono due o tre volte più alti che in Nicaragua, ma quello che
cambia e si percepisce di più e immediatamente è l’atmosfera… Troviamo
un punto internet, da cui comunicare un’ultima volta con casa prima
del ritorno e confermare l’orario di arrivo, quindi di nuovo in hotel
per allestire definitivamente lo zaino per il viaggio e aspettare
l’ora di cena… Alle
19.30 usciamo nuovamente per cercare un posto dove mangiare e vaghiamo
senza successo per diverse quadre, tra serrande abbassate e negozi
chiusi, prima di trovare la “Soda Argo”, gestita da un greco che da
vent’anni si è stabilito qui. Un
buon churrasco di carne e una fanta, rappresentano la nostra ultima cena
in viaggio : costo, 1.200 colones. 28 Gennaio 2003 - San Jose, MiamiAlle
08.00 lasciamo l’hotel Alujella e raggiunto il terminal, prendiamo il
primo bus per San Jose, che passi anche dall’aeroporto (chiedere,
perché non tutti fanno questa tappa, anche se lo si legge sul
parabrezza…). Una
decina di minuti e siamo a destinazione; paghiamo ai box posti nel
corridoio subito dopo l’entrata per i voli internazionali, la tassa
costaricense di espatrio (per i turisti è di dollari 1,60 per un
soggiorno inferiore alle 48 ore e di dollari 16,70 per un soggiorno
superiore alle 48 ore) e accediamo alla moderna struttura, accodandoci
al check-in dell’Iberia. Mentre
aspetto, guardo il serrato controllo dei bagagli agli altri check-in;
tutti vengono aperti e controllati minuziosamente…, tutto il lavoro
fatto per allestire lo zaino, andrà a farsi benedire !!! Ed invece
no…, passiamo indenni il controllo : meno male ! Girelliamo
per i negozi della zona partenze spendendo gli ultimi colones…, una
telefonata a casa con la scheda che Nello, gentilmente ci ha regalato,
quindi imbarco e partenza in perfetto orario per Miami. A
Miami ripetiamo la trafila già effettuata all’andata per poter
accedere alla sala transito, ma questa volta è molto più laboriosa e
lunga in termini di tempo, dato che l’aeroporto è pieno di gente… Imponente
il servizio di sicurezza, con molti militari armati…: segno che la
guerra è vicina ? Speriamo di no… Volo
per Madrid in perfetto orario, su un Boing, che mi appare enorme
dall’esterno, un po’ strettino, una volta che prendo posto
all’interno ! Volo
tranquillo, anche se con qualche turbolenza; pasti ottimi. 29
Gennaio 2003 - Madrid, Milano, ritorno... In
perfetto orario giungiamo in Europa, accolti da una bella giornata di
sole, che però non mi accende il sorriso… Il
volo per Madrid parte con un ritardo di quasi un’ora, a causa
dell’attesa di qualche coincidenza. Sull’aereo
saremo forse una quarantina di persone… Le due ore passano veloci e in
men che non si dica, siamo al ritiro bagagli di Malpensa : eccoci a
casa, con il ricordo di una grande e fantastica avventura che mi scalda
l’anima e il cuore e il sogno di una nuova partenza. Maurizio
Fabbri Se
vuoi vedere tutte le foto di questo viaggio, vai sul sito dell'autore: http://members.xoom.virgilio.it/mfwebsite
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